lunedì 13 dicembre 2021

Dino Buzzati, scrittore giornalista e alpinista

Il prossimo 28 gennaio ricorrerà il cinquantesimo anniversario della morte di Dino Buzzati: uno dei principali scrittori italiani del Novecento, giornalista per oltre quarant’anni al Corriere della Sera, fu anche buon alpinista e fedele innamorato delle sue Dolomiti. Non sarò certo io, nello spazio ristretto di questo post, a ripercorrere vita e opere di un personaggio così importante per la cultura del nostro paese; potrete farlo agevolmente cercando in rete. Mi limito a parlarvi brevemente del suo romanzo più famoso e dei suoi scritti di montagna, cercandone le analogie. 
Il deserto dei tartari è ritenuto uno dei romanzi più importanti della nostra letteratura del secolo scorso. È ambientato in un luogo immaginario, la fortezza Bastiani, ultimo avamposto del regno oltre il quale si stende un enigmatico deserto dal quale si attende che arrivi il nemico, i Tartari. La vita militare è usata nella narrazione come metafora del tran tran quotidiano che rischia di consumare inutilmente l’esistenza. Ecco i temi della narrativa di Buzzati: l’attesa vana, lo scorrere inarrestabile del tempo, la ricerca del senso della vita, la trasfigurazione fantastica degli elementi naturali.
Buzzati fu anche molto apprezzato per i suoi racconti: salvo rari casi non sono mai ambientati in montagna nonostante le scalate su roccia e le Dolomiti fossero le sue grandi passioni. Scrisse invece numerosi articoli sul Corriere della Sera narrando a suo modo personaggi e vicende del periodo d’oro dell’alpinismo classico, dagli anni Trenta ai Sessanta. Non fa mai cronaca, però, fa invece letteratura. Coglie i grandi alpinisti in un attimo particolare e basta un gesto, un pensiero, una visione a raccontarne la vita, il dramma e il genio. Indaga le ragioni dell’alpinismo, ascolta la magia della montagna cogliendone il mistero e le voci sommesse, si indigna per le infrastrutture che facilitano troppo l’accesso alle montagne con una sensibilità ambientale in anticipo di tre o quattro decenni. Canta il suo addio alle amate crode quando il suo tempo è ormai volato via.
Gli articoli e i racconti di montagna più belli sono raccolti in un’antologia curata da Enrico Camanni dal titolo Le montagne di vetro. Scrive Camanni nella sua introduzione: Come il grande ideale giovanile che si protrae irrazionalmente per tutta la vita, la montagna viene a rappresentare per Buzzati il simbolo dell'inquietudine, della precarietà, dell'attesa, del mistero. Metafora della sua vita e di quella idea ossessiva della morte che ne segnerà tutto il corso e tutta l'espressione artistica [...] Buzzati non si illude certo di ricavarne [dalla montagna] felicità duratura, o gloria tra gli uomini, ma essa è l'apparente materializzazione di un sogno che svanisce non appena viene toccato, non appena cessa l'attesa.

Nella ricorrenza del cinquantesimo anniversario della morte di Dino Buzzati avremo il piacere di incontrare, via web, due eminenti conoscitori dell’opera dello scrittore bellunese:
Marcello Carlino, nostro concittadino, è stato professore di Letteratura italiana contemporanea presso l’Università La Sapienza e autore di un saggio critico su Il deserto dei tartari.
Enrico Camanni, torinese, è alpinista e una delle firme più autorevoli di libri e riviste di montagna del nostro paese.
Mi auguro di incontrarvi in queste due occasioni, di cui daremo informazioni dettagliate nelle newsletter del CAI.

domenica 28 novembre 2021

A proposito del lupo

Quattro o cinque decenni fa, in Italia il lupo sopravviveva soltanto sull’Appennino. Complice il progressivo spopolamento delle valli di montagna il mitico predatore ha progressivamente allargato il suo areale: dapprima ha raggiunto l’Appennino tosco-emiliano, poi quello ligure, infine è tornato ad abitare, all’inizio degli anni duemila, le Alpi Occidentali da cui mancava da quasi un secolo, vittima della caccia a cui era stato sottoposto. La sua presenza su queste montagne ha riacceso un aspro contrasto tra ambientalisti da una parte e pastori e allevatori dall’altra. Questa storia è narrata in un bel libro di Marco Albino Ferrari dal titolo La via del lupo.

Il lupo è il titolo di un libro a fumetti di Jean-Marc Rochette edito da L’Ippocampo: è la storia di una lotta senza tregua tra un pastore e un lupo, un conflitto che sembra non ammettere nessuna altra soluzione se non l’annientamento di uno dei due contendenti. La grafica delle strisce è molto efficace e funzionale alla vicenda: racconta una montagna severa e violenta e, forse proprio per questo, affascinante. Interessante è la postfazione di Paolo Cognetti che ricostruisce la storia della difficile convivenza tra uomo e lupo e prova a interpretare il futuro della montagna: allo stesso tempo non ha dubbi chi sarà, tra i due contendenti, a rimanere padrone delle valli alpine.

Paolo Cognetti ha pubblicato di recente il suo nuovo romanzo: La felicità del lupo per i tipi di Einaudi. Si ritrovano alcuni ingredienti che avevano caratterizzato il suo precedente e fortunato Le otto montagne: l’ambientazione in una valle ai piedi del Monte Rosa, il dualismo tra un’alienante vita cittadina e la durezza di quella dei montanari, la rigenerante fuga per sentieri d’alta quota. I personaggi si muovono in storie d’amore, presente o passato, legate a un’incertezza alternativamente risolta o accentuata dalla bellezza e dalla solitudine della montagna. Il libro è anche una riflessione sul possibile futuro delle valli alpine dove la presenza dei turisti e degli alpinisti è solo una piccola parentesi in un mondo ben più complesso per chi le abita: una montagna che può apparire come banale cumulo di sassi o come luogo dell’anima, “fatta in egual misura di realtà e desiderio”. Le descrizioni dei boschi, delle acque che scendono a valle, della maestosità dei ghiacciai, del mutare delle stagioni sono sempre coinvolgenti e danno sapore alla narrazione. E poi c’è lui, il lupo, che non si fa mai vedere ma fa percepire la sua presenza come se stesse sempre in agguato.


domenica 17 ottobre 2021

In viaggio con Hermann Hesse

Abbiamo acquisito nella nostra biblioteca Il viandante, raccolta di scritti di Hermann Hesse edita da Mondadori nel lontano 1993. Si tratta di racconti di viaggio che risalgono agli albori del Novecento: sono viaggi compiuti prevalentemente a piedi, con l’ausilio del treno nei percorsi più lunghi; soltanto negli ultimi anni l’autore viaggerà in auto e in aereo. 
Hermann Hesse è un erede della tradizione del Wanderer romantico, il viandante nell’accezione che questo termine assume nelle terre di lingua tedesca: non si prefigge una meta, lo scopo del suo viaggio è il cammino, sempre aperto a qualsiasi incontro, alla suggestione di uno scenario inatteso, come anche agli inevitabili imprevisti che gli rivelano un aspetto inconsueto dell’animo umano. 
I luoghi descritti in questo volume sono diversi, dall’amatissima Italia all’estremo Oriente: sarà proprio l’India a ispirare allo scrittore il celebre “Siddharta”. L’appassionato di montagna che leggerà Il viandante troverà molti resoconti di viaggi a piedi attraverso la Svizzera, che diventerà la sua patria di adozione quando Hesse lascerà la nativa Germania. Questo territorio alpino ispira un senso di meraviglia che lo spirito vagabondo del viaggiatore riesce a cogliere in ogni frangente. In un racconto ricorda la sua prima folgorazione: in un’azzurra giornata di primavera intiepidita dal föhn, mio padre mi condusse con sé per una gita. Quel giorno mi si spalancarono gli occhi: vidi monti e boschi così trasfigurati e più splendenti di quelli riprodotti sulle illustrazioni più belle e sentii per la prima volta un amore pieno di stupore e di tenerezza […] che da allora ha acceso in me sempre più spesso un irresistibile desiderio di peregrinare. 
Hermann Hesse fu anche un pioniere dello sci: innamorato della montagna invernale, racconta delle sue escursioni con quelle due assi di legno ai piedi che erano una vera novità per l’epoca. In una lettera del 1911 dà conto dei suoi primi tentativi da principiante e della fatica che gli costano ma l’entusiasmo per questa pratica lo ricompensa ampiamente: sostare su un’alpe elevata accanto a baite immerse nella neve fino al tetto, dove nessuno si fa vedere per otto mesi all’anno e dove per un raggio di molte ore di cammino si estende un incontaminato paesaggio di neve e domina la solitudine, è un’esperienza incredibilmente bella. 
Hermann Hesse compie i suoi vagabondaggi proprio in un’epoca in cui la diffusione di nuovi mezzi di trasporto sempre più veloci cambia inesorabilmente il modo di viaggiare e le agenzie cominciano a proporre pacchetti “tutto compreso”. Ormai le peregrinazioni dello scrittore possono sembrare più anacronistiche che mai. Nella sua prefazione al libro, Volker Michels nota però che quanto più velocemente ci si muove, tanto meno si vede. Oggi un escursionista attento, chi è dedito al trekking, chi ama i cammini, religiosi o meno che siano, può recuperare lo spirito del viandante e apprezzare lo spirito che caratterizzò i viaggi di Hermann Hesse.

giovedì 9 settembre 2021

L'eredità morale del Sergente

Potrebbe sembrare una coincidenza. Gli ultimi cinque libri della nostra biblioteca che ho letto, per quanto molto diversi tra loro, hanno un tratto in comune: tutti contengono un riferimento di riconoscenza a Mario Rigoni Stern e alle sue opere. 
Daniele Zovi è nato sull’altopiano di Asiago e ha prestato servizio nel Corpo Forestale: era praticamente impossibile che il suo Autobiografia della neve non richiamasse lo spirito di Rigoni Stern in ogni pagina. 
Luca Mercalli chiude il suo Salire in montagna con un apprezzamento agli insegnamenti dell’autore del Sergente nella neve e con la citazione della frase più conosciuta, l’agognato ritorno a baita.
Nanni Settembrini, il personaggio di Enrico Camanni, richiama spesso ne La discesa infinita le sue letture preferite e non potevano mancare i racconti dello scrittore di Asiago. 
Irene Borgna racconta in Cieli neri un suo viaggio attraverso l’Europa alla ricerca di luoghi non contaminati dall’inquinamento luminoso: giunta a Foroglio, nel Canton Ticino, nell’unica osteria del paese siede allo stesso tavolo dove era uso prendere posto Rigoni Stern. Se ne rallegra e se ne compiace. 
Paolo Cognetti ne richiama diversi racconti nel suo Il ragazzo selvatico: infine descrive gli alberi attorno alla sua baita ispirandosi esplicitamente ad Arboreto salvatico. 
Non credo che sia una coincidenza, penso piuttosto che il messaggio che ci ha lasciato Mario Rigoni Stern sia più vivo e attuale che mai. 
Ora abbiamo in biblioteca l’ultimo libro che gli ha dedicato Giuseppe Mendicino, il suo biografo ufficiale, un volume dal titolo Mario Rigoni Stern Un ritratto, appena uscito per Laterza. 
La prima metà segue in ordine cronologico gli anni della gioventù vissuti sull’altopiano di Asiago; poi l’arruolamento negli alpini e l’esperienza della scuola militare in Val d’Aosta; la guerra su tre diversi fronti: Francia, Albania e Russia; il rifiuto di aderire alla Repubblica di Salò che gli costò venti mesi di prigionia nei lager nazisti. Questa prima parte, seppure piuttosto didascalica, è molto utile per capire bene la formazione della persona. 
La seconda metà del libro racconta l’attività dello scrittore e del suo impegno civile, senza più seguire il filo cronologico ma procedendo per caratteristiche tematiche. Un capitolo è dedicato alla produzione letteraria, sempre in bilico tra i ricordi di guerra e la vita sull’altopiano improntata a un equilibrio tra uomo e ambiente; un altro all’amicizia con Primo Levi e Nuto Revelli con cui condivise l’opposizione al nazifascismo e la passione per la montagna. Molto spazio è dedicato al rapporto dello scrittore di Asiago con la natura, principalmente quella dell’altopiano: una conoscenza approfondita e un amore sconfinato per piante e animali, senza però escludere l’attività venatoria seppur praticata con un profondo rispetto. Ennio Flaiano, pur fermamente contrario alla caccia, ne fece una sintesi felice: «Quella del suo fucile è una carica poetica». 
Il libro si chiude con un bel capitolo dedicato all’etica civile di Rigoni Stern: il senso della responsabilità e il coraggio che gli permisero di portare in salvo i suoi soldati, il ricordo di chi non era tornato o era morto durante la Resistenza, la difficoltà di perdonare chi aveva causato tanto male ritornano spesso nei suoi racconti che restituiscono una dignità letteraria ai dimenticati della storia. Un merito di Giuseppe Mendicino e di questo suo nuovo libro è quello di spiegare come «Mario Rigoni Stern diviene riferimento morale di un’Italia sobria, dignitosa e democratica». Approfitteremo del centenario della nascita, che ricorre il prossimo 1 novembre, per ricordarlo. Penso ce ne sia bisogno.


lunedì 12 luglio 2021

Pubblicazioni sociali

 Molti nuovi libri editi dal CAI si sono arrivati sugli scaffali della nostra biblioteca. Trattano di svariati aspetti delle attività del nostro sodalizio. Ve ne do brevemente conto.

Montagna da vivere Montagna da conoscere per frequentarla con rispetto e consapevolezza” è un bel volume di quasi mille pagine, con molte belle foto, che tratta gli argomenti più svariati: dall’organizzazione del CAI ai temi di etica, cultura e storia dell’alpinismo, dalla difesa dell’ambiente montano alla posizione del nostro sodalizio sui modi di frequentare la montagna, al bagaglio di conoscenze che dovrebbe avere chi si avventura sui monti. Una sorta di piccola enciclopedia.

Sul numero di giugno di Montagne 360 avrete probabilmente letto l’editoriale del Presidente Generale Torti dedicato al volume fresco di stampa “Quintino Sella, lo statista con gli scarponi – L’invenzione del CAI” a cura di Pietro Crivellaro. Inediti, lettere personali, foto contribuiscono al ritratto un personaggio importante per la storia d’Italia e fondamentale per il nostro sodalizio.

Ciak, si scala – Storia del film di alpinismo e arrampicata” di Roberto Mantovani racconta oltre un secolo di cinema di montagna attraverso titoli più o meno noti che hanno caratterizzato questo particolare genere cinematografico. Moltissime riproduzioni di locandine e alcune suggestive immagini corredano il volume.

Cordate vocali – I cori del CAI si raccontano” raccoglie le storie, passate e presenti, dei cori del CAI, raccontate una per una. Nella prima parte del volume, alcuni maestri di coro, tra cui la nostra Giuseppina, ci introducono all’affascinante mondo del coro di montagna.

La “Compendiosa relazione d’un viaggio alla cima del Monbianco” è la copia anastatica di un libro raro e prezioso in cui Horace Benedict de Saussure, famoso scienziato ginevrino e ispiratore della conquista del Monte Bianco, racconta la sua salita al tetto d’Europa compiuta nel 1787. Nell’introduzione, Alessandra Ravelli riassume brevemente la figura dell’autore e racconta la storia di questa pubblicazione così importante per la storia dell’alpinismo e di come la Biblioteca Nazionale ne sia venuta in possesso.

Steps – Giovani alpinisti su antichi sentieri” di Sara Segantin e Alberto Dal Maso è una storia che vede protagonisti cinque giovani e un cane, tra Yosemite e le Dolomiti Friulane. Dalle celebri big walls americane alle più familiari pareti del Friuli, il valore profondo dell’amicizia si confronta con la fatica e la soddisfazione, la delusione e la gioia, i litigi e le risate. Tra arrampicate vertiginose e percorsi infiniti nella neve ghiacciata, i territori selvaggi vicini e lontani diventano spazi dove mettersi alla prova, compiere scelte e superare ostacoli, imparando a rimanere uniti in qualunque circostanza. In fondo la vetta più alta, il sentiero più bello, il vero traguardo è stare insieme, è condividere il viaggio, è essere parte della squadra.

Infine tre volumi tecnici dedicati alla sentieristica.

Sentieri – Manuale tecnico per l’individuazione, la segnaletica e la manutenzione delle reti sentieristiche” è un bel volume che definisce le regole da seguire nella realizzazione di una rete di sentieri con l’ausilio di molte foto e schizzi. A questo libro si aggiunge un piccolo volume dal titolo “L’attività dei volontari sui sentieri – rischi e indicazioni operative di sicurezza”: sono solamente una quarantina di pagine che andrebbero lette prima di accingersi alla cura e alla segnaletica dei sentieri. Infine “La sentieristica nella normativa e nella giurisprudenza” di Gian Paolo Boscariol mi sembra una lettura piuttosto impegnativa: l’impressione superficiale è che si tratta di un volume da tenere in biblioteca e consultare alla bisogna.

domenica 4 luglio 2021

Un nuovo mistero per Nanni Settembrini

I lettori di Enrico Camanni, in particolare quelli che conoscono già il personaggio di Nanni Settembrini, si rallegreranno del suo nuovo romanzo uscito da pochi mesi. La discesa infinita, pubblicato nella collana Il Giallo Mondadori, racconta una nuova indagine di Settembrini, guida e capo del soccorso alpino di Courmayeur. A rigore non è un giallo vero e proprio, non c’è un delitto e non c’è un detective che indaga. In un autunno ancora tiepido, il ghiacciaio del Miage, ridotto al minimo stagionale ma anche a quello storico, restituisce i poveri resti di un alpinista. Settembrini, che li ha ritrovati, capisce subito che si tratta di un incidente avvenuto molto tempo fa ma sembra non esista alcuna denuncia di scomparsa nei registri del soccorso alpino. Il mistero lo intriga e prova a ricostruire l’accaduto partendo dalle flebili tracce a sua disposizione. Altro non si può dire della trama per lasciare intatto il piacere della lettura e della scoperta. In questo romanzo ho ritrovato il Camanni appassionato delle vicende storiche della montagna, l’autore di tanti libri in cui ha raccontato gli alpinisti del passato, la grande guerra, i ribelli che hanno caratterizzato la storia delle Alpi. Il ritmo della vicenda non è serrato, non ci sono alpinisti in pericolo da andare a salvare. Il tentativo di dare un nome ai poveri resti restituiti dal ghiacciaio è l’occasione per rileggere i rapporti tra uomo e montagna negli ultimi cento anni: la virilità fascista, gli entusiasmi del dopoguerra, i fermenti giovanili del post ’68, fino all’allarme generato dal riscaldamento globale reso evidente dal ritiro dei ghiacciai: è proprio un Miage sofferente del caldo estivo a divenire uno dei protagonisti del romanzo. Gli altri sono ben conosciuti da chi ha letto i precedenti episodi: l’ex suocero, prototipo del montanaro che vive isolato ma la sa lunga, le figlie sempre in contrasto con il padre, i genitori di Settembrini emigrati a Torino dal Sud che non capiranno mai il lavoro del loro figlio. E poi ci sono i turisti che affollano Courmayeur soltanto durante i periodi di vacanza: segnano una differenza incolmabile con i valori dei montanari ma danno loro da vivere, in un rapporto irrisolto ma necessario. Finisco col dire che questo romanzo racconta una storia con delicatezza, ci intriga col suo mistero e prova a scrutare nel futuro della montagna tra le preoccupazioni dovute al cambiamento del clima e alla speranza di una vita che nasce: sì perché, questo si può rivelare, Settembrini diventerà nonno.

domenica 30 maggio 2021

Molti nuovi titoli sui nostri scaffali

Molti nuovi libri sono arrivati o sono in arrivo nella nostra Biblioteca, anche grazie alla generosità dei nostri soci. Ne accenno brevemente per non eccedere nello spazio e abusare della vostra pazienza ma soprattutto perché non ho avuto il tempo di leggerli tutti.

Walter Bonatti, una vita libera: immagini, oggetti e memorie, a cura di Rossana Podestà. È un bel volume di grande formato, con molte immagini in cui il famoso alpinista è raccontato dalla sua compagna di vita. Questo libro è stato cortesemente donato alla biblioteca da Antonio Martino che ce lo ha presentato in una serata tenuta pochi mesi fa, purtroppo soltanto via web.

Innumerevoli sono le pubblicazioni sulla montagna più alta della Terra. Ora abbiamo in biblioteca anche Everest: una storia lunga 100 anni frutto della penna di Stefano Ardito, grazie alla donazione da parte di Nazzareno Massimiliani. Non è un libro squisitamente alpinistico come si potrebbe pensare ma racconta la storia e la geografia della montagna a partire dalle prime spedizioni conoscitive fino all’evoluzione di quelle moderne.

Sopra e sotto: storie di montagna è un volume di Hans Kammerlander, ormai datato di qualche anno. Qui il famoso alpinista sudtirolese, amico di Messner, non indugia sulle sue notevoli imprese ma piuttosto racconta con tono lieve le “scampagnate” con gli amici e i divertenti aneddoti che gli sono capitati

Erri De Luca è un autore ben conosciuto dagli appassionati di montagna ma non solo. In questo suo ultimo libro A grandezza naturale la montagna è appena accennata: attraverso racconti emblematici, l’autore indaga con acume nel complesso rapporto tra padri e figli. Un ringraziamento a Melina Biagi che ha donato questo volume alla biblioteca del CAI.

Paolo Rumiz è una firma molto nota di reportage di viaggio. Triestino, nella maturità si è innamorto dell’Appennino che come dice lui stesso “è diventata la mia seconda patria”. È oriente risale a quasi venti anni fa: il volume raccoglie scritti e impressioni dei suoi viaggi nei paesi dell’Est Europa. Ben più recente è invece Il filo infinito: la statua di San Benedetto che si trova a Norcia ispira a Rumiz una riflessione sull’importanza del messaggio benedettino nella costruzione delle radici cristiane dell’Europa, nel momento in cui il nostro continente è dilaniato da nazionalismi e populismi. L’inizio mi è sembrato davvero strepitoso per la sua lucidità: ora seguirò Rumiz nel suo viaggio attraverso i monasteri benedettini alla ricerca del filo che tiene unita l’Europa.

I molti che hanno conosciuto Paolo Cognetti per Le otto montagne ritroveranno ne Il ragazzo selvatico, suo romanzo d’esordio, il tema della vita in montagna come ricerca di quel qualcosa di sé stessi che la città non riesce a dare. Grazie a Nazzareno Massimiliani per il gentile omaggio.

Ilaria Tuti è stata ben apprezzata per il suo Fiore di roccia, storia delle portatrici carniche durante la Grande Guerra. Ora abbiamo in biblioteca il suo romanzo d’esordio Fiori sopra l’inferno. Siamo sempre in Carnia, ma in un paese immaginario ai giorni nostri: la piccola comunità locale è scossa da efferati delitti ed è immersa in un ambiente sempre più cupo. Toccherà al commissario Teresa Battaglia venirne a capo

Parete nord è un romanzo a fumetti o, per usare un termine contemporaneo, un graphic novel. Ne trovate una recensione sul numero di maggio di Montagne 360. Ancora un doveroso grazie a Nazzareno Massimiliani.

Sul numero di maggio di Montagne 360 trovate anche la recensione de La casa in montagna di Caroline Moorehead. Il racconto ruota attorno alle vicende di quattro donne, quattro partigiane, nella Torino sotto l’occupazione nazista: la figura di maggior spicco è Ada Gobetti, vedova di Piero. Una ricostruzione minuziosa degli avvenimenti e del contributo decisivo delle donne alla Resistenza. Tutti i particolari riportati scrupolosamente potranno interessare gli appassionati di quel periodo storico ma devo onestamente dire che hanno reso la mia lettura pesante. Lo dono volentieri alla biblioteca.


domenica 4 aprile 2021

Ristrutturare una baita in montagna e sfuggire al riscaldamento climatico

 Avrete notato, leggendo la stampa sociale, quanta attenzione il CAI riserva ai cambiamenti climatici e a una nuova economia delle valli alpine per incentivarne un ripopolamento: sono due temi collegati tra loro più di quanto non appaia a prima vista e ai quali Montagne 360 dedica molto spazio. Per questo motivo do il benvenuto a un nuovo libro di Luca Mercalli dal titolo Salire in montagna, uscito di recente per i tipi di Einaudi. Il sottotitolo chiarisce meglio le intenzioni dell’autore: prendere quota per sfuggire al riscaldamento globale. Mercalli, personaggio noto anche per le sue apparizioni televisive, è meteorologo e quindi estremamente attento a ciò che accade nell’atmosfera; è torinese e quindi molto legato alle montagne così vicine al capoluogo piemontese. Il libro prende spunto dalle vicende, vissute in prima persona, dell’acquisto e ristrutturazione di un’antica baita in una borgata dell’alta val di Susa. Il filo della narrazione segue gli avvenimenti, come in un diario: però sono frequenti le divagazioni che restituiscono il senso più autentico della scelta di investire i risparmi di una vita nei lavori per riattare e rendere vivibile e confortevole quella casa montana. Mercalli ridisegna così una sua personale visione della montagna che non può prescindere dalla storia, dalla geografia e dalla natura dei luoghi; spiega le soluzione tecnologiche adottate e le mille trappole burocratiche in cui incappa nell’esecuzione dei lavori, discute le scelte della politica e delle amministrazioni locali in tema di recupero delle borgate di montagna, critica gli investimenti fatti in occasione delle Olimpiadi di Torino del 2006, oppone una visione contemplativa della montagna a una interessata esclusivamente alla performance fisica. Intravede la connessione alla rete come un’opportunità per riportare in montagna anche impiegati e professionisti che possono lavorare da remoto, oltre a contadini, allevatori e artigiani: con il grande vantaggio di sfuggire al clima sempre più caldo delle città di pianura. Sarà che ho letto il libro durante questa settimana di Pasqua caratterizzata da un caldo anomalo ed esagerato ma mi rallegravo ogni volta che nel diario si susseguivano giornate fresche e ventose.
Mercalli è perfettamente conscio che sono poche le persone che possono permettersi simili lavori di ristrutturazione però la sua esperienza recupera valori tradizionali da integrare con nuove tecnologie per definire una nuova forma di vita in montagna.

giovedì 18 marzo 2021

Autobiografia della neve

Autobiografia della neve di Daniele Zovi, edito da UTET, è un bel libro. Innanzi tutto, come oggetto fisico: ha una copertina rigida, una grafica accurata, bei disegni e foto particolari che rendono bene i colori e il silenzio della montagna invernale. Sono particolari non trascurabili per dare subito un’idea dei sentimenti che l’autore prova per la montagna e per la neve.

Zovi è nato sull’altopiano di Asiago ed è stato ufficiale della Forestale: è uno che conosce bene l’ambiente montano e di cui ne è innamorato. Il libro, come dice il titolo, racconta le esperienze di una vita durante la stagione invernale, quando la montagna è ricoperta di neve. Ogni capitolo è una storia a sé. Ci sono racconti emozionali: alcuni risalgono all’infanzia quando la neve era un gioco o all’adolescenza quando invitava alle esplorazioni; poi ci sono le sfide della gioventù, vissuta sotto le armi, fino alla meraviglia che ancora dura nell’età della maturità, al piacere del silenzio. Ci sono anche, però, interessanti divulgazioni scientifiche: come si formano i cristalli di neve o le pericolose valanghe oppure le tecniche che gli animali selvatici adottano per resistere alle rigide temperature invernali: tutto ciò che ha ispirato un uomo che nella neve c’è nato e ci ha vissuto. Ciò che non troverete mai è la folla e il chiasso di una stazione sciistica: il libro racconta la neve di altri tempi.

Quando si parla di Asiago e di neve è impossibile non incrociare Mario Rigoni Stern. Il “sergente” è citato più volte, appare anche di persona in un racconto. Ma non è tutto qui: il suo spirito aleggia in tanti racconti, quando l’autore racconta la vita delle contrade dell’altopiano dei Sette Comuni, nell’uso degli antichi termini della lingua cimbra, nella cura, direi quasi devozione, con cui sono descritti i boschi, gli animali, le piccole creature che popolano questa montagna incantata.

In tempi di forte preoccupazione per i cambiamenti climatici, il libro non poteva trascurare la riduzione delle precipitazioni nevose e il ritiro dei ghiacciai e le conseguenze che potrebbero diventare drammatiche in un prossimo futuro. Allora affiora una dolce nostalgia per gli inverni di una volta.

martedì 9 marzo 2021

Due nuovi libri di Simone Moro

La nostra biblioteca ha acquisito due nuovi libri di Simone Moro: I sogni non sono in discesa (cortese omaggio di Gabriele Montori) e Ho visto l'abisso. Lascio la parola ad Arturo Pellegrini che li ha letti e recensiti per noi.

Ritengo Simone Moro il più grande alpinista italiano del nostro tempo e uno dei più grandi a livello mondiale, inoltre la sua vena di scrittore lo pone, a parer mio, come degno erede di Bonatti e di Messner in quanto capace di essere come loro anche un sapiente e prolifico autore, capaci di raccontare e farci vivere le loro avventure ed il loro modo di concepire la vita e la passione alpinistica. Pensare che Simone, come ci narra, a scuola era considerato dagli insegnanti un incapace, addirittura un “dislessico”, un ragazzo distratto da tante occupazioni senza riuscire a emergere in nulla. Ed è stata questa la molla che l’ha fatto poi impegnare con infinita ostinazione per diventare il grande alpinista che è, il più forte al mondo nelle durissime scalate invernali. Ed anche un buono scrittore, lui che i professori tacciavano di scarso impegno e scarse capacità. Ora scrive libri in proprio, senza ausilio di altri, magari durante le soste ai campi base per maltempo o nelle pause tra una spedizione e l’altra, ed ha già scritto 11 libri molto apprezzati.

I sogni non sono in discesa racconta non una singola impresa, come in altri suoi titoli, ma ci fa conoscere quella che è stata la sua vita, il suo divenire da ragazzo alle prime esperienze montanare agli ultimi successi che hanno avuto eco in tutto il mondo alpinistico. Soprattutto è interessante conoscere le sue motivazioni, la sua filosofia di approccio alla montagna, gli allenamenti durissimi, la preferenza per spedizioni leggere, in stile alpino, con pochi compagni o anche da solo. Lo vediamo giovane climber su falesie e palestre di roccia, sulle prime montagne vere, le prime spedizioni himalayane, le esperienze su cascate di ghiaccio, la predilezione ed il passaggio all’alpinismo invernale. Lo seguiamo sul Lhotse, sul Fitz Roy in Patagonia dove sfiora la morte per un volo in discesa, ci racconta la grande amicizia con Anatolij Bukreev e l’angoscia per la sua scomparsa, le scalate col nuovo compagno Denis Urubko, il Cho Oyu, il Nanga Parbat, le esplorazioni con vie nuove al Baruntse, al Batura II, al Batokshi Peak, le salite in velocità con Hervè Barmasse, la traversata dell’Everest in solitaria, la nuova amicizia con Tamara Lunger e la prima invernale al Nanga Parbat, con la rinuncia di Tamara a poco dalla vetta per non sacrificare i suoi compagni. Una lettura che ci fa capire il personaggio meglio di altri suoi libri dedicati magari ad una impresa in particolare.

Ho visto l’abisso, suo ultimo libro, inizia col racconto del suo incidente all’attacco del Gasherbrum I nel Gennaio 2020: la caduta in un profondo crepaccio, salvato dalla compagna Tamara che resta ferita ad una mano per tenerlo con la corda e la conseguente rinuncia col rientro in Italia nel primo periodo del Coronavirus. L’inattività dovuta alla pandemia consente però a Simone di vivere finalmente un lungo periodo in compagnia del figlio Jonas di dieci anni. Di questo tenero rapporto ci parla in molte pagine alternate a riflessioni sulla sua vita di alpinista e ricordi del suo passato, ci racconta la sua tenacia nell’inseguire dei risultati imitando nella caparbietà il suo idolo Pietro Mennea, ci descrive avventure magari minori della sua carriera ma da cui sempre ha potuto trarre esperienze ed insegnamenti, come quando un edema lo bloccò sull’Everest, la rinuncia al Lhotse per salvare un giovane inglese, la gioia del suo compagno Mario Curnis 66enne quando giunsero insieme sulla vetta dell’Everest. Tanti momenti indimenticabili nella sua vita, ma anche tanti “abissi”, tanti momenti bui da superare lottando e ripartendo, come la valanga sull’Annapurna da cui è scampato per miracolo ma che gli ha portato via l’amico Anatolij, come il “tradimento” di Denis, compagno di tante dure scalate che lui sempre aveva trattato come un fratello.

Trapela dai suoi libri la personalità di Simone, il suo modo di essere semplice e genuino; leggendoli si ha la sensazione di conoscerlo e di diventare suoi amici, quasi fosse uno di noi, magari un po’ più tenace nell’inseguire certi obbiettivi e un po’ più bravo nell’andare per montagne.


martedì 19 gennaio 2021

Il Poirot della montagna

 

Sir Abercrombie Lewker è il personaggio creato dalla felice penna di Glyn Carr, prolifico scrittore inglese con una consolidata esperienza di montagna; i suoi romanzi gialli conoscono oggi una nuova popolarità, a distanza di svariati decenni, grazie all’editore Mulatero che li sta ripubblicando.

Sangue sul Monte Bianco è il secondo libro di Glyn Carr che abbiamo in biblioteca (dopo Assassinio sul Cervino, di cui potete trovare una recensione in questo blog scorrendo indietro fino allo scorso maggio). La vicenda si snoda secondo i canoni del classico giallo nella “camera chiusa”, nello stile di Agatha Christie per capirci: però non siamo sull’Orient Express bensì sulla via normale al Bianco dal versante di Chamonix. Sir Abercrombie è un attore shakespeariano ma anche esperto alpinista, durante la guerra ha lavorato nei servizi segreti di Sua Maestà britannica e ha sviluppato notevoli capacità investigative che lo rendono un brillante detective dilettante. Anche questa volta risolverà un caso intricato: un incidente che forse non è tale. Lo farà grazie alle sue conoscenze della montagna e alle acute deduzioni tratte dai labili e controversi indizi che avrà a disposizione.

È un giallo e altro non si può rivelare per non togliere il piacere della lettura. Lettura che scorre veloce e piacevole grazie a diversi fattori: sicuramente l’abile costruzione dell’intreccio ma anche la precisa e coinvolgente descrizione dell’ambiente di alta montagna che non ha nulla da invidiare alle narrazioni di affermati alpinisti. E non solo: la storia è raccontata in prima persona da un giornalista che si ritrova coinvolto in una cordata che sale al tetto d’Europa, attratto da una bella ragazza e non certo dalla passione alpinistica; la descrizione degli ambienti e dei paesaggi è filtrata quindi da una visione scevra di infatuazione per la montagna che la rende più realistica, mettendo in luce più i pericoli e i disagi che la spettacolarità degli scenari. Il libro scorre piacevolmente anche per la caratterizzazione dei personaggi che, seppure un po’ stereotipata, rende la lettura divertente. Gli inglesi sono sempre impassibili anche nei momenti più drammatici dell’avventura: sir Abercrombie non perde occasione per infilare nel discorso una citazione di Shakespeare, suscitando l'ironia di sua moglie; a sua volta, Missis Lewker è intenta a rammendare guanti e calzettoni mentre il colonnello si occupa della sua pipa, mai scalfiti dal trambusto generale. Invece gli americani hanno un carattere rude e aggressivo che li porta facilmente a comportamenti sopra le righe. I francesi sono approssimativi e passionali e soprattutto assolutamente incapaci di preparare un buon tè.

In conclusione, se vi piace la montagna e il mistero che si risolve grazie alla capacità di osservazione e alla finezza del ragionamento, questo è il libro per voi.

lunedì 11 gennaio 2021

Cammini e sentieri

Cammini e Sentieri è una collana edita in collaborazione con National Geographic. Ringrazio Nazzareno che ha collezionato gli otto volumi, ora a disposizione della nostra biblioteca. Qui di seguito trovate la sua recensione

Quando lo scorso aprile ho letto l’annuncio della pubblicazione mensile degli otto volumi della collana National Geographic "Cammini – Viaggiare a piedi in Italia e all’estero" ho pensato che il mio personale progetto di inaugurare il tempo della pensione con un lungo cammino sarebbe stato agevolato, nella scelta del percorso, dalla consultazione di quest’opera; non sapevo che tipo di opera ci si sarebbe potuto aspettare e, inoltre, l’annuncio dell’uscita del volume 1 dedicato al Cammino di Santiago un po’ mi aveva indotto a considerarla un’opera che poneva l’accento su un concetto di cammino inteso come pellegrinaggio: dunque con finalità pertinenti a una precisa sfera dell’identità personale. Ovviamente non ho nulla in contrario a questo tipo di finalità ma diciamo che, seppur camminerei ben volentieri lungo tali percorsi con chi ne ha, esse non sono precisamente le mie. Durante un lontanissimo viaggio in Portogallo, pochissimi anni dopo la Rivoluzione dei Garofani, incontrammo una lunghissima teoria di pellegrini che dal nord scendevano lungo la via nazionale per raggiungere il santuario di Fatima; al bivio successivo noi però andammo dritti per Lisbona... Superata però questa futile perplessità ho dato seguito all’acquisto di tutti i numeri della collana avendola trovata senz’altro interessante, d'accordo con la Commissione Biblioteca e con la Sezione, a beneficio delle nostre guide per l’organizzazione delle attività escursionistiche future. 
La collana, oltre a coadiuvarmi nella scelta del mio cammino da prossimo pensionato, costituisce un’opera che si coniuga benissimo con una delle principali ragioni sociali del CAI e cioè la conoscenza del territorio italiano, ricchissimo per varietà paesaggistica, naturalistica, artistica, percorrendolo con i piedi, il nostro mezzo di locomozione d’elezione e che sono le vere “radici” del bipede umano, radici mobili che da sempre lo sostengono e lo conducono all’incontro con l’altro e con l’altrove. I percorsi proposti incrociano tutta l’Italia comprese le isole e il nostro territorio, sono accompagnate da belle immagini e da note e riferimenti storici e culturali dei luoghi; ogni cammino ha una propria scheda tecnica con l’indicazione del chilometraggio, dell’andamento altimetrico e i tempi medi di percorrenza nonché di suggerimenti organizzativi per il loro svolgimento; non vi sono quelle logistiche relative al pernotto e alla ristorazione. La mia recensione termina qui con l’invito rivolto a tutti i soci di curiosare tra le pagine dei volumi e di seguirne profittevolmente i tanti suggerimenti escursionistici. Ah, dimenticavo, credo che il mio cammino lo farò lungo l’Appennino centrale. 
Buon cammino.

I titoli della collana:
Vol. 1 - I cammini di Santiago
Vol. 2 - Le vie Francigene e Romee
Vol. 3 - Le Alpi occidentali
Vol. 4 - Le Alpi centrali
Vol. 5 - Le Alpi orientali
Vol. 6 - L’Appennino settentrionale
Vol. 7 - L’Appennino centrale
Vol. 8 - L’Appennino meridionale e le Isole