La nostra biblioteca ha acquisito due nuovi libri di Simone Moro: I sogni non sono in discesa (cortese omaggio di Gabriele Montori) e Ho visto l'abisso. Lascio la parola ad Arturo Pellegrini che li ha letti e recensiti per noi.
Ritengo Simone Moro il più grande alpinista
italiano del nostro tempo e uno dei più grandi a livello mondiale, inoltre la
sua vena di scrittore lo pone, a parer mio, come degno erede di Bonatti e di
Messner in quanto capace di essere come loro anche un sapiente e prolifico
autore, capaci di raccontare e farci vivere le loro avventure ed il loro modo
di concepire la vita e la passione alpinistica. Pensare che Simone, come ci
narra, a scuola era considerato dagli insegnanti un incapace, addirittura un
“dislessico”, un ragazzo distratto da tante occupazioni senza riuscire a
emergere in nulla. Ed è stata questa la molla che l’ha fatto poi impegnare con
infinita ostinazione per diventare il grande alpinista che è, il più forte al
mondo nelle durissime scalate invernali. Ed anche un buono scrittore, lui che i
professori tacciavano di scarso impegno e scarse capacità. Ora scrive libri in
proprio, senza ausilio di altri, magari durante le soste ai campi base per
maltempo o nelle pause tra una spedizione e l’altra, ed ha già scritto 11 libri
molto apprezzati.
I sogni non sono in discesa racconta non una singola impresa, come
in altri suoi titoli, ma ci fa conoscere quella che è stata la sua vita, il suo
divenire da ragazzo alle prime esperienze montanare agli ultimi successi che
hanno avuto eco in tutto il mondo alpinistico. Soprattutto è interessante
conoscere le sue motivazioni, la sua filosofia di approccio alla montagna, gli
allenamenti durissimi, la preferenza per spedizioni leggere, in stile alpino,
con pochi compagni o anche da solo. Lo vediamo giovane climber su falesie e
palestre di roccia, sulle prime montagne vere, le prime spedizioni himalayane,
le esperienze su cascate di ghiaccio, la predilezione ed il passaggio
all’alpinismo invernale. Lo seguiamo sul Lhotse, sul Fitz Roy in Patagonia dove
sfiora la morte per un volo in discesa, ci racconta la grande amicizia con
Anatolij Bukreev e l’angoscia per la sua scomparsa, le scalate col nuovo
compagno Denis Urubko, il Cho Oyu, il Nanga Parbat, le esplorazioni con vie
nuove al Baruntse, al Batura II, al Batokshi Peak, le salite in velocità con
Hervè Barmasse, la traversata dell’Everest in solitaria, la nuova amicizia con
Tamara Lunger e la prima invernale al Nanga Parbat, con la rinuncia di Tamara a
poco dalla vetta per non sacrificare i suoi compagni. Una lettura che ci fa
capire il personaggio meglio di altri suoi libri dedicati magari ad una impresa
in particolare.
Ho visto l’abisso, suo ultimo libro, inizia col racconto
del suo incidente all’attacco del Gasherbrum I nel Gennaio 2020: la caduta in
un profondo crepaccio, salvato dalla compagna Tamara che resta ferita ad una
mano per tenerlo con la corda e la conseguente rinuncia col rientro in Italia
nel primo periodo del Coronavirus. L’inattività dovuta alla pandemia consente
però a Simone di vivere finalmente un lungo periodo in compagnia del figlio
Jonas di dieci anni. Di questo tenero rapporto ci parla in molte pagine
alternate a riflessioni sulla sua vita di alpinista e ricordi del suo passato,
ci racconta la sua tenacia nell’inseguire dei risultati imitando nella
caparbietà il suo idolo Pietro Mennea, ci descrive avventure magari minori della
sua carriera ma da cui sempre ha potuto trarre esperienze ed insegnamenti, come
quando un edema lo bloccò sull’Everest, la rinuncia al Lhotse per salvare un giovane
inglese, la gioia del suo compagno Mario Curnis 66enne quando giunsero insieme
sulla vetta dell’Everest. Tanti momenti indimenticabili nella sua vita, ma
anche tanti “abissi”, tanti momenti bui da superare lottando e ripartendo, come
la valanga sull’Annapurna da cui è scampato per miracolo ma che gli ha portato
via l’amico Anatolij, come il “tradimento” di Denis, compagno di tante dure
scalate che lui sempre aveva trattato come un fratello.
Trapela dai suoi libri la personalità di
Simone, il suo modo di essere semplice e genuino; leggendoli si ha la
sensazione di conoscerlo e di diventare suoi amici, quasi fosse uno di noi,
magari un po’ più tenace nell’inseguire certi obbiettivi e un po’ più bravo
nell’andare per montagne.
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