lunedì 25 novembre 2019

Una storia impossibile e una storia tragica


Abbiamo due nuovi libri in Biblioteca.

Il primo è Impossibile di Erri De Luca, edito da Feltrinelli. L’ha letto per noi Arturo che ce lo racconta così:
Non c’è racconto, non c’è narrazione in questo romanzo, solo un discorso diretto, un colloquio tra due personaggi, intervallato da lettere d’amore. Il discorso è in realtà un lungo interrogatorio tra un magistrato ed un anziano escursionista, sospettato di omicidio. Le lettere d’amore sono quelle che l’anziano scrive, ma non spedisce, dalla cella di reclusione, in attesa di giudizio, ad una non meglio identificata “Ammoremio”. L’ipotesi di omicidio è dovuta al fatto che l’escursionista, che percorreva solitario una scoscesa e pericolosa cengia in Dolomiti, abbia chiamato i soccorsi per aver avvistato il corpo di un uomo precipitato; ma il magistrato sospetta che si tratti di un regolamento di conti, una volta accertato che i due in gioventù erano stati amici e compagni di lotta; e che il deceduto era poi diventato un collaboratore di giustizia. Una singolare coincidenza? Un incontro casuale? Al magistrato appare impossibile.
I dialoghi e le lettere all'amata ci rivelano l’animo profondo del protagonista, con i suoi ideali di uguaglianza, di fraternità, ma soprattutto di libertà, spesso cercata nel suo andare solitario per montagne e poi ritrovata anche dentro una cella.
Un romanzo insolito, diverso, che fa riflettere: una lettura da non lasciarsi sfuggire.

Il secondo libro è Ancora dodici chilometri di Maurizio Pagliassotti, ed. Bollati Boringhieri, 2019. Dodici chilometri è la distanza che separa Claviere, Italia, da Briançon, Francia: è questa la “rotta alpina”, la via, attraverso l’alta val di Susa e il Monginevro,  che i clandestini seguono per arrivare in Francia e forse oltre, dove sperano di trovare condizioni di vita migliori. È un libro duro, la narrazione di episodi tragici, difficile da raccontare in poche righe, perché sono tante le contraddizioni e le ipocrisie, e tutti i protagonisti sfuggono a qualsiasi categorizzazione. I “buoni” sono sempre tra virgolette, i passeur lo fanno per umanità o per lucro? Le chiese si chiudono ai migranti, i gendarmi a volte si girano dall'altra parte, con aria complice o distratta? Restano alcune immagini vivide. La marcia inesorabile di un fiume di neri che, in scarpe da tennis e giubbino di jeans, camminano inesorabili senza sapere dove andare, di notte, sprofondando nella neve, nel rigore dell’inverno: l’autore li paragona agli alpini della ritirata di Russia. Rasentano campi da golf e piste da sci dove si divertono i ricchi, attraversano paesi di montagna spopolati dove i poveri, autoctoni ma più spesso italiani emigrati dal meridione d’Italia, odiano e combattono i poverissimi che vengono dall’Africa. C’è poi il rifugio, alle porte di Briançon, dove un “giusto” accoglie chi ce la fa mentre gli altri sono rispediti indietro dai gendarmi o, peggio, sono finiti in pasto a lupi e volpi. I migranti non parlano, non si fidano di nessuno e, anche quando vengono raccolti e curati, appena guariscono vanno via senza dire una parola, senza un “grazie”.
A Claviere un migrante domanda: “Da che parte è la Francia?”. Risposta: “Non lo so”. Desolante.