lunedì 19 settembre 2022

Lui, lei e la montagna

Jean-Christophe Rufin è medico, viaggiatore e diplomatico ma ha anche alcuni libri al suo attivo. Rivela ora anche una buona pratica di montagna con un romanzo ambientato tra gli scenari più impressionanti del monte Bianco.
La vicenda narrata in Fiamme di pietra è preceduta da un prologo: di ritorno da una salita all’Aiguille de la République, lungo la discesa verso Chamonix, l’autore viene folgorato da un incontro. La sua guida gli rivela che l’uomo in cui si sono imbattuti è un suo collega che serba in sé una storia particolare: non è una storia di montagna, lui è un ottimo professionista ma non è un alpinista di punta. È una storia d’amore. Il nostro autore ne è ancora più intrigato e inizia a raccontarla.
L’inizio sembra tra i più scontati: lui, la guida, è bello e donnaiolo; lei, la cliente, è bella, affascinante e misteriosa; quando escono insieme le cose vanno a meraviglia, il sole splende e l’Alta Savoia mostra in piena luce le sue bellezze. Però lui si innamora e le cose si complicano. Ora appaiono tutti gli inevitabili attriti tra due mondi troppo lontani, tra il montanaro e la donna d’affari parigina: le luminose giornate in montagna appaiono relegate a una breve parentesi vacanziera. Il racconto procede illuminando di una luce troppo vivida i sentimenti dei due protagonisti con qualche svolta prevedibile e la fotografia risulta un po’ sovraesposta. Poi, però, le ombre si addensano andando a riempire le pieghe della storia e il finale risulta decisamente più accattivante.
Il racconto prende comunque il lettore e svela il mondo della montagna anche sul retro della cartolina, quel solco profondo tra montanari e cittadini al di fuori dei beati giorni di vacanza. Le descrizioni del maestoso ambiente del monte Bianco, accurate e emozionanti, rivelano l’ottima conoscenza che ne ha l’autore.

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domenica 11 settembre 2022

La stanza delle mele di Matteo Righetto

Matteo Righetto è un autore di montagna abbastanza conosciuto, alcuni di noi hanno letto e apprezzato i suoi precedenti romanzi: in biblioteca abbiamo La pelle dell’orso e L’anima della frontiera e, in collaborazione con Mauro Corona, Il passo del ventoIl suo ultimo romanzo, uscito quest’anno, è La stanza delle mele. Me ne ha parlato Rita, a cui è molto piaciuto. Lascio la parola a Federico, anche lui molto conquistato da questo libro:

Sono stato in vacanza a Caprile (Alleghe) lo scorso agosto. La scelta della località solitamente non è casuale e questa volta ho sentito il bisogno di rendere omaggio alla memoria di un mio bisnonno morto nella Grande Guerra in uno dei tanti sanguinosi e inutili assalti frontali verso le posizioni austro-ungariche alla cima del Col di Lana e del Sief.
Caprile si trova nelle vicinanze di Livinallongo, nella cui frazione di Pian dei Salesei c’è il Sacrario dove probabilmente è sepolto, tra i 4.700 ignoti, il soldato Viannesi Antonio.
Mentre passeggiavo, in un dopocena, nel centro di Alleghe sono entrato in una libreria e ho notato, tra i libri esposti, una bella copertina che ha attirato la mia attenzione. Il titolo è La stanza delle mele di Matteo Righetto.
Scambiando qualche parola con il libraio sono venuto a sapere che l’autore trascorre gran parte dell’anno a Colle Santa Lucia, nella bellissima Val Fiorentina e la storia in questione è ambientata proprio nei luoghi che mi trovavo a frequentare nel periodo, troppo breve, di vacanze.
È la storia di Giacomo, bambino rimasto orfano di tutt’e due i genitori, il papà morto in guerra e la mamma di tifo. Giacomo vive con i due fratelli maggiori insieme ai nonni a Daghè, una frazione di Livinallongo appena sotto il Col di Lana (proprio da qui parte uno dei sentieri che conduce alla vetta del Col di lana e a seguire del Sief).
L’infanzia di Giacomo è molto difficile: il nonno è un uomo duro che sembra non avere pietà soprattutto con il più piccolo dei nipoti; lo chiama bastardo nella convinzione che sia il frutto di un tradimento della nuora nei confronti di suo figlio e continua ad imporgli ordini e compiti da svolgere durante tutto il giorno.
Giacomo viene spesso punito e relegato nel fienile, nella cosiddetta stanza delle mele dove impara a intagliare il legno. Un giorno il nonno lo manda nel bosco per recuperare una roncola dimenticata lì. A questo punto c’è una sorpresa scioccante: davanti a sé vede la spaventosa figura di un uomo impiccato ad un albero. Non ne parla con nessuno dei familiari, tantomeno con il nonno, ma solo ai suoi amici.
Dopo la morte dei nonni, avvenuta a pochi giorni di distanza l’uno dall’altra, i tre ragazzi rimasti soli vengono mandati a studiare in luoghi diversi. Giacomo troverà successivamente il modo di coltivare la sua passione per la scultura del legno. Adulto diventerà un artista affermato e sta per presentare una nuova opera per la prima volta nel suo paese di Pieve di Livinallongo dove è cresciuto ma in cui non è più tornato da tanti anni.
Riuscirà in quest’occasione a svelare il mistero dell’impiccato che lo ha angosciato per tutta la vita.
Si potrebbe definire il romanzo come un Noir montano. Belle le descrizioni dei luoghi che naturalmente l’autore conosce molto bene, con i riferimenti al mondo antico della montagna, alle leggende e credenze popolari. Insomma una lettura appassionante.

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