giovedì 27 aprile 2023

La montagna come amica - Piccolo trattato di elevazione

Alla fine della serata dedicata al libro sull’ultima ascensione di Cambi e Cichetti torna ad aleggiare il solito dubbio: ma chi glielo ha fatto fare? C’è un perché di un’attività per certi versi perversa, insensata e folle? Qual è il motivo per cui si va a patire freddo, disagi, intemperie, fatiche inumane? Per ottenere cosa? È l’annosa e mai risolta questione attorno a cui ruota l’alpinismo in tutte le sue forme e a qualsiasi livello.
A questa domanda prova a rispondere Pascal Bruckner, filosofo francese, romanziere e polemista, con un libro pubblicato da Guanda dal titolo La montagna come amica, sottotitolo Piccolo trattato di elevazione. Rientra nella categoria della saggistica, venata però di narrativa: spesso le speculazioni dell'autore sono intervallate da episodi di vita vissuta che, grazie alla loro ironia, alleggeriscono la lettura e gettano una luce trasversale sulle sue affermazioni. I tredici capitoli riguardano aspetti diversi e complementari, tanti piccoli tasselli che provano a ricostruire un quadro di come viene vissuta la montagna.
Il delicato equilibrio tra fatica spesa e ricompensa ottenuta è sempre precario ma è una costante nella vita: “non si scala per vincere ma per continuare a scalare” anche quando l’età avanza (è il caso dell’autore) e bisogna calibrarsi sempre un po’ più su di quanto il fisico consente. Ma in montagna non si è soli, anzi: in una montagna sempre più affollata “il lusso sta in tutto quello che si fa raro”. Ecco allora tutta una galleria di personaggi descritti nelle loro dicotomie: a partire dagli aristocratici, una volta unici frequentatori delle valli alpine, alle orde di turisti contemporanei; i “Puri” (quelli bravi) e gli zotici (resto del mondo); i montanari contro i cittadini. Ognuno, nella sua visione dell’ambiente montano, ritiene di interpretarlo nel modo corretto per goderne appieno, mentre è la presenza degli altri a guastarne la percezione: “il colmo del turismo è denunciare il turismo”. Ce ne è per tutti: per le masse che degradano monti e valli con il loro approccio indiscriminato e per gli ambientalisti che vagheggiano uno stato di natura primigenia che non esiste se non nella nostalgia: in fondo qualsiasi ambiente abbiamo in mente era pur sempre già stato modellato dall’uomo in secoli di storia. Analogamente il filosofo tratta il tema, ora più attuale che mai, della convivenza dell'uomo con la fauna selvatica: non c'è un modello stabilito a cui riferirsi e il diverbio tra animalisti e allevatori o contadini resta irrisolto.
In fondo Bruckner dipinge la montagna con tutte le contraddizioni della nostra società: non è un luogo alieno e astratto ma una parte della nostra terra e del nostro vivere e quindi soggetta alle nostre azioni.
Allora perché ostinarsi a salirla? Ancora una volta la risposta non c’è. Volendo però indegnamente banalizzare le conclusioni del filosofo potrei concludere così: ho ormai una certa età, so fino a che punto posso spingermi, se riesco anche un poco oltre, ne ricevo un benessere fisico e psichico, e allora continuo ad andare: “Invecchiare è come percorrere un lungo corridoio le cui porte si richiudono una dopo l’altra. La vera sfida è lasciarne aperta almeno una prima del Grande Nero”.