lunedì 18 dicembre 2023

La notte del Cervino

Enrico Camanni è ben conosciuto da molti di noi che ne hanno letto i gialli imperniati sulla figura di Nanni Settembrini, capo del soccorso alpino di Courmayeur, e le storie dedicate a personaggi dell’alpinismo e della cultura di montagna. Le Commari, piccola casa editrice romana sensibile ai temi della montagna, ha appena ripubblicato il primo romanzo di fantasia di Camanni, La notte del Cervino.
L'autore scrive in prima persona, immaginandosi nei panni di una giovane donna. Chiara ha un passato giovanile di impegno politico e di idee rivoluzionarie; vive tra Ivrea, dove è nata, e Torino, dove studia, nel periodo che va dal Sessantotto all’assassinio di Guido Rossa nel 1979, attraversando così gli anni di piombo. Avviandosi all’età matura Chiara ha mantenuto i suoi ideali, stemperati però dalla necessità di dover trovare un lavoro che trova nel giornale locale; questa sua scelta l’ha allontanata da Anna, sua amica di sempre, rimasta ferma nelle sue convinzioni estremiste. Nella storia ci sono, però, anche due importanti personaggi maschili, entrambi assidui frequentatori della montagna: il padre di Chiara e soprattutto il direttore del giornale con cui si instaura un rapporto di complicità, nonostante veda il mondo da una prospettiva ben differente da quella della protagonista.
Il racconto si snoda tra i tormenti privati di Chiara e quelli pubblici dell’Italia degli anni ’70. La montagna disegna i momenti di svago: dalle passeggiate familiari con il padre alle escursioni più impegnative con il suo direttore; infine lui cercherà di convincere Chiara a salire insieme il Cervino. Queste parentesi avventurose fanno da felice contrappunto agli anni difficili che la giovane donna vive. La montagna non rappresenterà una soluzione ma sarà quella consolazione che permetterà a Chiara di sopravvivere alle delusioni della vita e della Storia.

lunedì 30 ottobre 2023

Due racconti di natura

Due nuovi libri in biblioteca raccontano diversi aspetti dell'ambiente naturale: La compagnia del gelso di Franco Faggiani e L'uomo che guardava la montagna di Massimo Calvi.
La prima recensione è a cura di Federico.

Aboca edita essenzialmente libri che hanno per tema la natura, la fauna, la flora, con particolare attenzione alla sostenibilità e ai nuovi modelli di sviluppo.
In questo ambito si trova la collana di narrativa “Il bosco degli scrittori” che comprende alcuni degli scrittori più sensibili al tema.
Gli autori raccontano storie del mondo a partire da un albero, ognuno con il proprio albero del cuore.  Quello di Franco Faggiani è il gelso.
In dialetto il gelso è detto lu porcu, perché della pianta come del maiale non si butta via niente, dallo sciroppo di more alle radici per la salute, senza dimenticare l’importante funzione delle sue foglie che nutrono i baschi da seta. 
Con La compagnia del gelso Franco Faggiani, giornalista e scrittore appassionato di montagna e di boschi ci consegna dei piccoli messaggi di conoscenze botaniche attraverso le divertenti avventure di alcuni personaggi spassosi, uniti dall’amore per la natura.
Il racconto inizia con la disavventura capitata al solitario professore Pier Maria Croz, milanese, da poco trasferitosi alla facoltà di Scienze Forestali dell’Università di Ascoli.  Viene investito da Nevio con la sua mitica Panda, “capo” di un’allegra combriccola di vecchietti, che scambia l’ingresso della villetta dove alloggia il professore con l’entrata della propria abitazione adiacente.
L’incidente però ha tutto il sapore di un segno del destino…

Un uomo alla fine dei suoi giorni chiede di essere portato davanti alla sua montagna: vuole attraversare l’ultimo tratto del suo percorso terreno nella contemplazione di uno scenario alpino che gli è particolarmente caro. L’uomo che guardava la montagna di Massimo Calvi, per le edizioni San Paolo, è un diario di questi ultimi tredici giorni. Mi sarei aspettato toni drammatici e interrogativi inquietanti che, invece, sono appena accennati. La contemplazione della montagna sembra infondere serenità nel protagonista nel suo tragitto verso una fine ineluttabile. Gli elementi del paesaggio contribuiscono, ognuno a modo suo, a risvegliare i ricordi di una vita e a tracciarne un bilancio che sarà inevitabilmente in chiaroscuro.
L’autore è caporedattore ed editorialista di Avvenire. Lo immagino uomo di fede e non so se ci sia qualcosa di biografico nel suo racconto. Le descrizioni della montagna, vivide nell’immaginazione e pacate nei toni, inducono tranquillità nel lettore. Non so se la montagna abbia davvero questo potere nel tratto estremo delle nostre vite. Però me lo auguro di cuore.


venerdì 1 settembre 2023

Il valore della montagna

Leggo da Lo Scarpone, notiziario della nostra associazione: “Giovedì 3 agosto 2023 presso la stazione sciistica a valle della cabinovia Forcella Sassolungo, si sono ritrovate alcune tra le principali associazioni del territorio alpino. [...] La protezione delle Alpi è una delle principali preoccupazioni delle organizzazioni alpinistiche e ambientalistiche. Uno sviluppo incontrollato e senza limiti minaccia lo spazio alpino, ogni nuova invasione ne diminuisce il valore.”. Trovate l’articolo completo cliccando qui.
Un grande ampliamento degli impianti sciistici attorno al Monte Rosa prevede di deturpare il vallone di Cime Bianche, in val d’Ayas. Marco Albino Ferrari, noto scrittore e giornalista di montagna, si è speso per la salvaguardia dell’ambiente alpino e di questa area della Val d’Aosta in particolare: forse, allora, non è un caso che la presentazione del suo libro Assalto alle Alpi, fresco di stampa per Einaudi, prevista lo scorso 8 luglio presso il forte di Bard, sia stata cancellata. Trovate l’articolo completo cliccando qui.
Allora vale la pena leggere questo breve saggio di Ferrari. L’autore basa il suo ragionamento partendo da una citazione di Oscar Wilde: “La gente conosce il prezzo di tutto e non sa il valore di niente”. Quindi il punto dirimente è se perseguire la redditività economica, qualunque sia il mezzo, o identificare nell’ambiente alpino valori da tutelare. Ferrari ricapitola brevemente la storia della civiltà alpina, un mondo chiuso e ostile dove l’uomo però ha manifestato grandi capacità di adattamento anche grazie a uno spiccato senso di collettivismo (usi civici, le Regole delle comunità cadorine o dei Sette Comuni); fino al punto di rottura avvenuta negli anni del boom economico quando il turismo di massa, spiccatamente invernale, ha sconvolto ogni paradigma, modificando l’architettura e il paesaggio, mutando la percezione dello spazio, grazie a nuove strade e impianti, e del tempo: una volta basato sulle stagioni atmosferiche e ora su quelle turistiche, “alta” e “bassa”. Negli ultimi decenni sono cresciute attività più soft come il trekking, lo sci di fondo o lo scialpinismo ma non è diminuita l’artificializzazione degli spazi o la richiesta di servizi di lusso in quota che stridono con la sobrietà dei rifugi di una volta. L’offerta turistica insegue sempre la domanda, improntata a parametri cittadini, che vuole stelle Michelin anche a duemila metri. Il senso del limite che ispirava la vita alpina è ormai stravolto dalla cultura dell’eccesso dell’età contemporanea.
Le cose non sembrano destinate a cambiare. Ormai si è proiettati verso le Olimpiadi del 2026 che promettono, a parole, un assoluto rispetto per l’ambiente ma prevedono altro cemento e opere di alto costo e scarsissimo utilizzo futuro: una su tutte, la discussa pista di bob, slittino e skeleton, discipline che contano in Italia appena 34 praticanti. La conclusione che Ferrari delinea nell’ultimo capitolo, per chi vorrà leggere il libro, sembra allora l’unica possibile, benché possa apparire drastica e anche utopica.

martedì 18 luglio 2023

Un mistero sepolto nel ghiaccio

Guido Boggio-Martinet è il personaggio nato dalla penna di Linda Tugnoli, scrittrice romana anche se vive in Sabina, ma di famiglia con origini piemontesi. La forma del ghiaccio (che abbiamo in biblioteca) è il terzo volume di una serie che vede questo personaggio come protagonista, anche se ignoravo l’esistenza dei primi due libri. Guido, di professione giardiniere, vive sulle montagne del biellese, per l’esattezza in Valle Cervo (pensavo fosse un’invenzione dell’autrice invece è un luogo reale che lei conosce evidentemente molto bene): è un personaggio ruvido e solitario che soffre nel lasciare l’alta valle anche per recarsi soltanto a Biella; è il tipico montanaro che, seppure abbia vissuto e lavorato a Parigi, preferisce ormai la compagnia dei suoi cani e di un bambino autistico e si trova a suo agio solo nei dintorni del suo borgo. La valle è descritta come un luogo austero ma affascinante per chi ne sappia cogliere la sua autenticità, scevra da ogni esposizione turistica.
Questa lunga premessa serve a inquadrare il carattere del protagonista e l’ambiente montano anch’esso determinante per lo svolgersi della storia. Il perno del racconto è però la scomparsa di un ricco industriale dato per disperso in Africa e la cui salma viene restituita da un ghiacciaio quarant’anni dopo. Sul luogo del ritrovamento, Guido rintraccia un orologio di grande valore che ritiene appartenuto allo scomparso: si reca a Torino per restituirlo alle figlie che però non sembrano interessate a riaverlo. Sarà la sua innata curiosità a spingere Guido a capire qualcosa di più su quella scomparsa di quarant’anni prima.
L’ambiente della Valle Cervo, aspro e appartato, è ben descritto e funzionale alle vicende del protagonista; gli altri personaggi, così diversi da Guido, ben arricchiscono la narrazione; il finale ad alta tensione si legge tutto d’un fiato. Per chiudere, aggiungo che il libro contiene una citazione memorabile di Don Lorenzo Milani.

domenica 28 maggio 2023

Gary Hemming e lo spirito dei tempi

Se non dovessi tornare è il titolo dell’ultimo libro di Enrico Camanni, edito da Mondadori. In copertina si vede un uomo biondo, alto, bello come un divo hollywoodiano; il suo abbigliamento da alpinista è tutt’altro che tecnico, anzi direi quasi trasandato con quel maglione sformato e le toppe sui pantaloni. Eppure Gary Hemming era uno dei più forti alpinisti dell’epoca: si era formato sulle pareti verticali della Yosemite Valley e soltanto in seguito si era traferito in Europa per scalare sulle Alpi. Durante la piovosissima estate del 1966 si rese protagonista del rocambolesco salvataggio di due tedeschi bloccati sulla parete ovest del Petit Dru. Hemming salì, nell’imperversare del maltempo, lungo la via diretta dove le migliori guide di Chamonix non osavano neppure avventurarsi.
Non pensate che io abbia spoilerato alcunché: questo che potrebbe sembrare un finale ad alta tensione non è che l’inizio del libro; sapere che il salvataggio andrà a buon fine non toglie nulla al piacere della lettura, vi basti sapere che l’ho riletto appena finito il libro e l’ho trovato avvincente come la prima volta. 
Lo schivo e anticonformista Hemming vive di lavori e amori saltuari, non ha una fissa dimora, si dice che a Parigi dorma sotto i ponti come un clochard. Quando la strepitosa vicenda del Petit Dru rimbalza sui principali rotocalchi parigini il nostro protagonista passa in un batter d’occhi dall’ombra della sua esistenza alla luce accecante dei media. E qui comincia tutta un’altra storia, una storia che si interseca coi fermenti rivoluzionari che porteranno al Sessantotto e gli eventi che segnarono quel decennio di grandi cambiamenti. 
Hemming affronta la montagna con una sua etica particolare, si è dato delle regole che lo portano in conflitto con l’establishment dell’alpinismo, la compagnia delle guide di Chamonix in particolare ma anche con i suoi amici e compagni di scalata: si stimano reciprocamente, si vogliono bene ma hanno sempre qualcosa da ridirsi. Hemming incarna lo spirito ribelle dei tempi, in montagna e nella vita, è in perenne conflitto con una società conformista; il suo temperamento rivoluzionario anticipa di diversi anni il nuovo corso dell’alpinismo ma anche quella spinta turbolenta che sta per esplodere nei cuori della nuova generazione. 
La scrittura di Camanni è sempre molto ben documentata: avvincente nelle pagine che raccontano le scalate ma allo stesso modo quando indaga nelle pieghe dell’animo del protagonista, in costante contrasto con la società dell’epoca. Leggendo il romanzo si rivivono, attraverso gli occhi dell’alpinista americano, gli avvenimenti tragici che segnarono i suoi anni, a cominciare dalla guerra del Vietnam, ma anche gli slanci emotivi che avrebbero voluto sovvertire le convenzioni del perbenismo. Hemming, spirito “ribelle e missionario” mostra però le sue fragilità: resta fedele alle regole che si è dato, e dovrà pagare dazio scontrandosi con i media e con la società consumistica. 
Aggiungo una piccola riflessione. Questa lettura mi ha dato modo di specchiare la realtà contemporanea nello spirito del protagonista e giungere a una semplice conclusione: tornasse oggi sarebbe ancora una voce fuori dal coro di cui sento un gran bisogno.

giovedì 4 maggio 2023

Tensione in alta quota

In biblioteca abbiamo un nuovo libro: Debito di ossigeno, di Toine Heijmans, autore olandese. Vi riporto l'opinione di Arturo che lo ha letto per primo.

Un libro, un romanzo che parla di montagne e di alpinismo in modo totale, pieno, coinvolgente. Sembra di leggere la vita e le imprese di uno dei grandi alpinisti vissuti e famosi; quanti ne ho letti, scritti di loro pugno dai vari Bonatti, Messner, Bonington, Moro, Barmasse. Invece questo è un romanzo, la storia di una vita inventata dall’autore, che pure non è un alpinista, ma pare saperne molto in materia. Le vicende, le imprese di Walter, il protagonista narrante, e di Lenny, il suo maestro e compagno di scalate, ti prendono e ti proiettano lassù, sulle pareti delle vette alpine ed himalayane trascinandoti in avventure emozionanti e coinvolgenti. Il mondo dell’alpinismo ad elevato livello è qui vissuto e raccontato in modo totale, dalle prime esperienze alle grandi imprese sugli Ottomila. E’ difficile pensare si tratti solo di un romanzo; sembra di leggere il racconto di una vita vissuta intensamente ed avventurosamente, tra situazioni drammatiche, amicizie, fallimenti e conquiste. Molto apprezzabili sono inoltre i ricordi e le frequenti citazioni di grandi personaggi dell’alpinismo e delle loro drammatiche vite, Alison Hargreaves, Tony Kurz, cui il protagonista fa riferimento per assimilare una sua concezione dello scalare montagne. Intenso infine, il racconto della scalata finale, che il protagonista affronta ormai vecchio e malato. Chi ama questo genere di letteratura non può farsi sfuggire questa lettura, di certo ne rimarrà piacevolmente sorpreso e colpito.


giovedì 27 aprile 2023

La montagna come amica - Piccolo trattato di elevazione

Alla fine della serata dedicata al libro sull’ultima ascensione di Cambi e Cichetti torna ad aleggiare il solito dubbio: ma chi glielo ha fatto fare? C’è un perché di un’attività per certi versi perversa, insensata e folle? Qual è il motivo per cui si va a patire freddo, disagi, intemperie, fatiche inumane? Per ottenere cosa? È l’annosa e mai risolta questione attorno a cui ruota l’alpinismo in tutte le sue forme e a qualsiasi livello.
A questa domanda prova a rispondere Pascal Bruckner, filosofo francese, romanziere e polemista, con un libro pubblicato da Guanda dal titolo La montagna come amica, sottotitolo Piccolo trattato di elevazione. Rientra nella categoria della saggistica, venata però di narrativa: spesso le speculazioni dell'autore sono intervallate da episodi di vita vissuta che, grazie alla loro ironia, alleggeriscono la lettura e gettano una luce trasversale sulle sue affermazioni. I tredici capitoli riguardano aspetti diversi e complementari, tanti piccoli tasselli che provano a ricostruire un quadro di come viene vissuta la montagna.
Il delicato equilibrio tra fatica spesa e ricompensa ottenuta è sempre precario ma è una costante nella vita: “non si scala per vincere ma per continuare a scalare” anche quando l’età avanza (è il caso dell’autore) e bisogna calibrarsi sempre un po’ più su di quanto il fisico consente. Ma in montagna non si è soli, anzi: in una montagna sempre più affollata “il lusso sta in tutto quello che si fa raro”. Ecco allora tutta una galleria di personaggi descritti nelle loro dicotomie: a partire dagli aristocratici, una volta unici frequentatori delle valli alpine, alle orde di turisti contemporanei; i “Puri” (quelli bravi) e gli zotici (resto del mondo); i montanari contro i cittadini. Ognuno, nella sua visione dell’ambiente montano, ritiene di interpretarlo nel modo corretto per goderne appieno, mentre è la presenza degli altri a guastarne la percezione: “il colmo del turismo è denunciare il turismo”. Ce ne è per tutti: per le masse che degradano monti e valli con il loro approccio indiscriminato e per gli ambientalisti che vagheggiano uno stato di natura primigenia che non esiste se non nella nostalgia: in fondo qualsiasi ambiente abbiamo in mente era pur sempre già stato modellato dall’uomo in secoli di storia. Analogamente il filosofo tratta il tema, ora più attuale che mai, della convivenza dell'uomo con la fauna selvatica: non c'è un modello stabilito a cui riferirsi e il diverbio tra animalisti e allevatori o contadini resta irrisolto.
In fondo Bruckner dipinge la montagna con tutte le contraddizioni della nostra società: non è un luogo alieno e astratto ma una parte della nostra terra e del nostro vivere e quindi soggetta alle nostre azioni.
Allora perché ostinarsi a salirla? Ancora una volta la risposta non c’è. Volendo però indegnamente banalizzare le conclusioni del filosofo potrei concludere così: ho ormai una certa età, so fino a che punto posso spingermi, se riesco anche un poco oltre, ne ricevo un benessere fisico e psichico, e allora continuo ad andare: “Invecchiare è come percorrere un lungo corridoio le cui porte si richiudono una dopo l’altra. La vera sfida è lasciarne aperta almeno una prima del Grande Nero”.
  

domenica 5 marzo 2023

I predatori del Monviso

 

I Predatori del Monviso è un nuovo giallo di Nicolas Crunchant. Ve ne parla Federico che lo ha letto per primo.

Chi ha avuto modo di leggere Delitti alle Traversette, presente nella nostra biblioteca (ne abbiamo già parlato qui), conosce già Franck Verbier, il protagonista di questo romanzo ambientato anch’esso nella Riserva naturale del Monviso.
Franck Verbier è un guardiaparco perfettamente integrato nell’ambiente in cui vive, di carattere schivo e un po’ misantropo, si trova a suo agio in un ambiente così lontano dal mondo contemporaneo.  
In cerca di pace interiore dopo l’esperienza traumatica della guerra nei Balcani ha trovato nella Riserva naturale la sua missione di vita dedicandosi alla tutela e all’integrità del territorio. 
Oltre alla salvaguardia della sopravvivenza di alcune specie animali, come la conta degli stambecchi e delle salamandre, si trova a contrastare bracconieri e collezionisti di minerali saccheggiati in una zona protetta delle Alpi di cui si sente custode. 
Un ulteriore problema viene a turbare la quiete della Riserva e la preoccupazione del nostro protagonista: l’arrivo di un gruppo di archeologi determinati a stabilire una volta per tutte se Annibale, nell’attraversamento delle Alpi, sia passato con i suoi elefanti effettivamente per il Colle delle Traversette.(*) 
Durante il lavoro degli archeologi succedono dei fatti con risvolti criminali che porteranno il nostro protagonista ad indagare su un bruttissimo episodio che potrete scoprire leggendo questo libro di Nicolas Crunchant ..

 

(*) L’attraversamento delle Alpi da parte delle truppe puniche proprio sul Colle delle Traversette è una questione a dir poco secolare.. Fu Polibio, storico greco il primo a raccontarne le gesta. Tante le ipotesi formulate, fino a quella di un team internazionale coordinato dalla York University di Toronto. Sembra ormai certo che Annibale abbia attraversato le Alpi proprio sul Colle delle Traversette, un valico a 2.950 metri che collega la Valle del Guil in Francia alla Valle del Po, al lato del massiccio del Monviso. L’ipotesi pare sia suffragata dalla scoperta di tracce di escrementi  animali (cavalli) compatibili con il passaggio dell’esercito di Annibale. L’analisi microbioologica dello sterco è del genere clostridium  che può sopravvivere migliaia di anni.

Dialoghi d'altura

Capita a volta anche a noi di filosofeggiare sulla cima di una montagna. L’ambiente severo e suggestivo ispira discorsi che trascendono dalle nostre piccole vicende quotidiane: ci troviamo così a discorrere delle aspettative della nostra vita o dei principi alla base dell’universo. Certo, meglio di noi potrebbero farlo menti ben più eccelse. 
Piero Bevilacqua, professore di Storia contemporanea all’Università della Sapienza, immagina allora due grandi pensatori del passato, Giacomo Leopardi e Antonio Gramsci, o meglio i loro spiriti, affacciati sul balcone di una baita, nel silenzio della montagna, davanti a un incantevole panorama dolomitico, ragionare di storia, filosofia, politica, del destino dell’umanità. Ne è nato un breve saggio dal titolo Dialoghi d’altura, sottotitolo Leopardi e Gramsci in una baita di montagna
I ragionamenti dei due spiriti sono stimolati dagli elementi naturali che si presentano ai loro sensi: l’idillio del paesaggio, l’apparizione della fauna selvatica ma anche eventi più violenti come il distacco di una frana o l’improvviso scoppiare di un temporale. 
L’autore disegna un gioco di botta e risposta da due punti di vista, a volte convergenti a volte opposti, sui grandi eventi della storia e delle idee che li hanno ispirati. La lettura è breve e intensa e richiede di fare mente locale sui principali temi dei due personaggi e delle loro epoche. Alla fine del loro percorso arriveranno a commentare i tempi che stiamo vivendo.

 

 

venerdì 13 gennaio 2023

Sir Abercrombie Lewker in Norvegia

 Sir Abercrombie Lewker è un personaggio originale, creato dalla felice penna di Glyn Carr. Durante la guerra è stato un agente al servizio di Sua Maestà britannica, al momento della narrazione è un affermato attore shakespeariano; ha una buona pratica di alpinismo. Alcuni dei nostri lettori lo conoscono già come un fine detective dilettante; ne abbiamo già parlato in due precedenti post che potete recuperare cliccando qui e qui.

Le storie precedenti erano caratterizzate dall’ambientazione alpina e da indagini dove il colpevole era all’interno di un novero ristretto di sospettati, una sorta di camera chiusa in stile Agatha Christie. In questo nuovo volume L’intrigo norvegese i paradigmi del racconto sono tutt’altri. Il teatro dell’avventura non sono più le grandi montagne delle Alpi ma, come suggerisce il titolo, la natura impervia, i fiordi e i ghiacciai della Norvegia; sir Lewker non svolge la sua indagine all’interno di un albergo alpino o di un rifugio ma deve avventurarsi in un lungo e periglioso viaggio in un ambiente affascinante e ostile. Il racconto segue i canoni di una spy story e il nostro personaggio dovrà unire le sue fini doti deduttive alle capacità alpinistiche e alla resistenza fisica, doti che gli saranno necessarie per muoversi tra le numerose trappole che gli vengono tese. Come di consueto, sir Abercrombie manterrà la sua tipica flemma britannica e anche nei momenti più convulsi non rinuncerà alla sua pipa e al suo tabacco preferito; non mancheranno le citazioni da Shakespeare che lo aiuteranno a svelare l’intrigo.

Questo libro, uscito per la prima volta nel 1963, è stato appena pubblicato in Italia da Mulatero: non mancherà di appassionare i lettori di Glyn Carr e, speriamo, di interessare chi ancora non lo conosce.