mercoledì 16 marzo 2022

Due autori da tenere in considerazione

Chi ha partecipato all’ultima serata biblioteca ricorderà che Enrico Camanni ci ha consigliato degli autori da leggere. Li conoscevamo già bene. Infine ci ha nominato Faggiani e Macfarlane. Abbiamo già parlato nel post qui sotto di un libro del primo che ci è piaciuto. Federico ne ha apprezzato anche un altro e ce lo racconta così:
 
Forse non si può catalogare La manutenzione dei sensi, il bel libro di Franco Faggiani nella letteratura di montagna, a dispetto dell’immagine molto accattivante della copertina. La montagna non è proprio la protagonista del libro, o meglio non è l’unica, ma ha un ruolo fondamentale in questo romanzo.  È lo sfondo e il luogo dove si svolgono gli eventi dei due protagonisti.
È la storia di Leonardo Guerrieri, un brillante giornalista-scrittore che si trova però ora a vivere un presente un po’ precario e instabile dovuto alla morte della moglie, e di Martino Rochard, bambino solo, orfano di padre e abbandonato dalla madre. Martino è un bambino solitario, taciturno, che viene dato in affidamento temporaneo a Leonardo. I due vivono a Milano, ma la città si dimostrerà sempre opprimente e lo diventerà in modo ancora maggiore quando a Martino, arrivato alle scuole medie, viene diagnosticata la Sindrome di Asperger.
Leonardo fatica a riprendersi dopo la scomparsa della moglie e si sente sempre più a rischio depressione. Decide allora di realizzare un sogno che aveva condiviso con la moglie: comprare una casa da ristrutturare in montagna, in mezzo a prati d’alta quota e boschi, nelle Alpi piemontesi.
 In questo nuovo ambiente, a contatto con la natura e il silenzio della montagna inizierà una nuova parte della loro vita, Leonardo ritroverà il piacere della scrittura e Martino inizierà ad occuparsi dei lavori della terra e a curarsi degli animali, grazie agli insegnamenti dell’anziano Augusto Bermond, che per lui diventerà una sorta di nonno adottivo dal quale apprendere molto sul come affrontare la vita.
La manutenzione dei sensi è un romanzo molto intenso, che parla della forza dei rapporti non solo tra padre e figlio ma tra le persone in genere.  La famiglia non è solo quella dei legami di sangue, ma anche quella che si crea con persone esterne e apparentemente diverse. È una storia che fa riflettere sul confine, labile, tra normalità e diversità.
È comunque un romanzo per chi ama la montagna, che in questo libro viene ben descritta in tutta la sua bellezza.
 
Non abbiamo mai parlato, invece, di Robert Macfarlane. In biblioteca abbiamo un suo titolo di successo: Come le montagne conquistarono gli uomini (riedito da Einaudi, con il titolo "Montagne della mente").
Le montagne, in realtà, non sono né belle né brutte: sono semplicemente una massa inerte, sono gli uomini che gli attribuiscono un valore. Partendo da questo punto, Macfarlane ripercorre la storia del rapporto tra uomo e montagna nel corso dei secoli: si passa così dal timore e dal senso di mistero all’attrazione estetica e alla passione, al desiderio di conquista. È stupefacente rendersi conto, durante la lettura, di come i sentimenti che oggi proviamo derivino dalle conoscenze acquisite principalmente tra secolo dei Lumi e Romanticismo e dall’elaborazione del pensiero di scienziati, esploratori, letterati, filosofi prima ancora che alpinisti che hanno affrontato la montagna dai loro rispettivi punti di vista. È un racconto decisamente anglocentrico, ma è pur vero che furono i britannici a dare il maggior impulso alle frequentazioni delle Alpi prima e della catena himalayana poi.
Affascinante è il capitolo che traccia l’evoluzione della percezione del paesaggio, fino a raggiungere la consapevolezza, grazie all’affermazione delle scienze geologiche, che le montagne non sono sempre esistite e che non esisteranno più come le conosciamo: è solo l’infinitesima brevità della nostra civiltà a farcele ritenere tali. Ma anche nella dimensione temporale di pochi secoli di storia sono cambiate tante cose, dai ghiacciai, al clima, alla paura provata dall’uomo, alla gestione del rischio. Ciò che sembra perduto è il senso dell’ignoto: l’uomo si è impegnato a riempire tutti gli spazi vuoti che ancora cento anni fa erano numerosi sulle carte geografiche; ora che tutta la Terra è stata esplorata, l’uomo sente di aver perso quel senso di mistero di cui aveva bisogno. Ora l'ignoto resiste soltanto nello spazio cosmico o nelle pieghe profonde della psiche umana. Macfarlane è ricercatore in letteratura a Cambridge e può permettersi queste divagazioni che sconfinano nella filosofia.