giovedì 2 aprile 2020

Le montagne di Fosco Maraini


Fosco Maraini è stato alpinista ma prima ancora etnologo e orientalista nonché scrittore. Prima del confinamento a casa, fortunatamente ho preso in biblioteca Farfalle e ghiacciai, antologia di scritti di Maraini, pubblicata da Hoepli nel 2019.
È una raccolta di racconti e articoli scritti per la Rivista del CAI. Sono stato spinto a questa lettura dalla fama del personaggio ma soprattutto da un suo racconto che avevo letto in passato: Quando salendo creavi il mondo. In questo brano Maraini descrive una salita al Gran Sasso negli anni ’30, in un mondo pastorale ancora primordiale; resta affascinato dalla solitudine e dallo sconfinato piano di Campo Imperatore che descrive come un altopiano del Tibet. In questo nuovo libro che ho appena letto, ho ritrovato quel senso di nostalgia per la montagna di una volta che costringeva a muoversi con una lentezza e una fatica oggi non più accettabili ma in un ambiente solitario e solenne che abbiamo irrimediabilmente perduto.
Maraini racconta le Alpi Apuane di cent’anni fa, abitate da pastori che non avevano mai visto la “civiltà”; una traversata in sci dalla Val Gardena a Cortina in tre giorni, per proseguire poi fino alla val Fiscalina, traversata che oggi si potrebbe fare comodamente in giornata usando gli impianti. Racconta del Sikkim, di un viaggio dalla foresta tropicale fino all'apparizione impressionante del Kangchenjunga e dell’incontro con le popolazioni locali; infine delle escursioni in sci in Giappone, nell’isola di Hokkaido. Nulla di alpinisticamente strepitoso ma una narrazione che trasmette un grande amore per la montagna, le sue suggestioni, le sue solitudini.

In attesa di riaprire la biblioteca ed eventualmente prestare il libro a chi interessa, vi suggerisco due spunti di lettura:
- il racconto: Quando salendo creavi il mondo lo trovate in rete cliccando qui;
- la descrizione di Fosco ad opera dell’alter-ego romanzesco di sua figlia Dacia, lo trovate di seguito.

Buona lettura e buona clausura

…la montagna è un destino di famiglia. Sua nonna descriveva foreste e giogaie persiane, suo padre si era arruolato tra gli alpini per poter stare vicino alle rocce boscose. Non ti ricordi quel mese di aprile / quel lungo treno che andava al confine/ e trasportava migliaia degli alpin…! Era il canto ritmato e dolce. Di un uomo che, nonostante i tanti amori e la famiglia numerosa, è sempre rimasto un solitario.
Come sono vivi quei ricordi di rifugi sepolti nella neve a cui si arrivava stanchi quando le cime si tingevano di rosso. Una stufa spenta, della legna bagnata, un pentolino in cui sciogliere un pugno di neve per gettarci dentro una minestra in polvere. Di notte il vento tirava fuori gli artigli e graffiava le finestre ghiacciate, la stufa fumava e lei tremava di freddo dentro il sacco a pelo. Ma suo padre era irremovibile:” Domani si raggiunge la cima più alta. Lì c’è un altro rifugio, chiamato della Madonna bambina. Dobbiamo arrivarci prima del tramonto. Basta partire alle sei”. “Ma alle sei è buio papà”. “E con questo? C’è ancora mezza luna, il riflesso della neve farà il resto.”
E infatti alle cinque erano già alzati a scaldarsi un poco di caffè in polvere dentro il pentolino pieno di neve. Un caffè che sapeva di minestra. Da mangiare c’erano solo biscotti duri come sassi. E per pranzo un pezzullo di formaggio e una mela.
Un uomo austero suo padre, ardimentoso, munito di un sorriso enigmatico. Aveva mai capito l’amore di quella figlia che, pur di stargli appresso affrontava i geli notturni, le scalate di ore e ore, la fame, le dormite sul pavimento di terra? Non era per niente sentimentale quel padre giovane e vigoroso. “Forza Cina, cammina più svelta sennò facciamo tardi e se il buio ci coglie stasera che non c’è la luna, finiamo dritti dentro un crepaccio.” E lei, con gli occhi pieni di vento, il naso gelato, i piedi indolenziti, gli correva appresso maledicendo la neve e i sentieri coperti di sassi.
(tratto da Colomba, di Dacia Maraini, ed. Rizzoli, 2004)