Sul risvolto di copertina
del suo ultimo libro, Matteo Righetto è definito scrittore e filosofo della
montagna. Dopo alcuni romanzi ben apprezzati (in biblioteca abbiamo La pelle
dell’orso, L’anima della frontiera e La stanza delle mele) ora Matteo Righetto
pubblica un breve saggio: Il richiamo della montagna, per le edizioni
Feltrinelli.
L’autore prende spunto
dai temi critici di questi tempi: innanzi tutto il riscaldamento globale e i
suoi effetti più nefasti, raccontando da par suo il crollo del ghiacciaio della
Marmolada e la tempesta Vaia; senza dimenticare lo sfruttamento turistico della
montagna e il conseguente sovraffollamento, lo spopolamento delle aree montane
e lo stravolgimento dei ritmi stagionali. Sono temi attuali e trattati anche in
altri saggi che abbiamo in biblioteca (Assalto alle Alpi di Marco Albino
Ferrari, La Montagna Sacra di Enrico Camanni).
La prospettiva di
Righetto, però, si concentra su altri punti su cui vale la pena ragionare.
L’attenzione della nostra società, dice l’autore, è legata unicamente al
presente: stiamo perdendo di vista tutta la storia passata e soprattutto il
nostro futuro, concentrandoci unicamente sul soddisfacimento dei nostri
desideri immediati. Nel nostro antropocentrismo imperante, la montagna, ridotta
a parco giochi, è vissuta solamente per appagare il nostro edonismo. Invece le
pagine di questo libro ci invitano a pensare la montagna nei tempi lunghi della
storia, a percepirne la sua sacralità nel silenzio e nella riflessione per
riuscire davvero a comprenderla e goderne. I luoghi naturali hanno un loro
spirito e attraversarli camminando ci aiuta ad avvertirlo. Quindi Righetto
tratteggia un nuovo umanesimo, che si oppone alla tecnica fine a sé stessa e
alla ricerca del profitto, per definire un diverso approccio alla montagna. Un
invito rivolto a ogni amante della montagna a dedicare una piccola parte del
suo tempo a questa lettura.
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