sabato 27 aprile 2019

un giallo dolomitico e altre storie

Eccovi i nuovi libri che abbiamo in biblioteca.

La confraternita della rosa nera di Riccardo De Palo è un giallo ambientato tra la Val Gardena, l'Austria e la Foresta Nera. Il protagonista, l'ispettore Moroder, con un passato da dimenticare, ricalca un po' troppo Rocco Schiavone; però è gardenese e tra le montagne si trova a suo agio. L'intreccio, a un certo punto, diventa poco credibile però la storia si snoda piacevolmente anche grazie ai collaboratori dell'ispettore. I luoghi sono un po' da cartolina, così come li vediamo noi da turisti; soprattutto le minuziose descrizioni delle specialità culinarie fanno pensare a volte a un dépliant turistico. Il romanzo è breve e l'ho letto tutto di un fiato.

Jon Krakauer centra sempre attentamente il punto della discussione. Il silenzio del vento, edito da Corbaccio negli anni '90, è una raccolta di articoli sul mondo dell'alpinismo moderno. Non c'è mai una descrizione dettagliata degli avvenimenti ma l'autore preferisce indagare sulle ragioni che li hanno determinati e sulle motivazioni di chi affronta montagne tra le più celebri al mondo. Il libro getta anche una luce sui meccanismi che regolano il grande circo mediatico dell'alpinismo di questi anni. Avvincente e ben scritto.

Pedalando nel silenzio di ghiaccio è, invece, l'autobiografia di Omar Di Felice. Nato al mare, a Nettuno, si appassiona al ciclismo negli anni di gloria del suo idolo, Marco Pantani; comincia a correre nelle squadre giovanili fino ad approdare al professionismo che però lascia ben presto. Cerca la sfida con sé stesso prima che con gli altri e comincia a praticare l'ultracycling, corse massacranti di 500 o 1000 chilometri sulle Alpi dove bisogna pedalare giorno e notte, senza fermarsi. Infine le traversate, d'inverno, nelle regioni artiche. La sua biografia è infatti intervallata con la cronaca della pedalata di 1300 km nel Canada artico, d'inverno. La scrittura è semplice e scorrevole e rende bene la sfida con sé stesso in condizioni estreme.

Scoprire il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi in bicicletta è l'idea che sta alla base de La foresta del silenzio, edito da Ediciclo. Gli autori: Paolo Ciampi, Marco Vichi e Paola Zannoner raccontano le loro esperienze alla scoperta di questo ambiente affascinante tra Toscana e Romagna, miscelando le loro impressioni sulla natura dei luoghi alle storie, leggende e tradizioni. La bicicletta si presta molto bene a questo scopo per la presenza di molte strade forestali che si inoltrano nei luoghi più reconditi e significativi della foresta. I percorsi sono mediamente impegnativi, si parla sempre di zone di montagna, però chi è meno allenato si gode ugualmente queste pedalate ricorrendo alla e-bike. In appendice al libro ci sono le descrizioni di dieci itinerari scelti tra i migliori del parco.




Parole e pensieri

Riflessioni pasquali indotte da un maggior tempo da dedicare alla lettura e all'ascolto della radio.
Ecco cosa dice Umberto Galimberti a proposito delle parole, del linguaggio (in Uomini e profeti su Radio3).
Il linguaggio non è uno strumento attraverso il quale noi esprimiamo il pensiero, noi possiamo pensare limitatamente alle parole che conosciamo. Non puoi formulare un pensiero a cui non corrisponde una parola, per cui è il linguaggio che ti consente di pensare, non il viceversa. Per cui la cultura è essenziale, non è una sofisticazione, perché più parole hai, più pensieri hai, meno parole hai meno pensieri hai. Hai delle idee semplici che non sono all'altezza di vivere in un mondo complesso e quindi sarai sempre un disagiato, oppure ti affidi a qualcuno che attraverso la semplificazione del mondo ti dice quello che devi fare. Cioè ti affidi a una dittatura che non è solo Hitler, Mussolini e Stalin: è una modalità di affidamento, una rinuncia all'invito di Kant "abbi il coraggio di usare la tua mente e non farti guidare da altri" che è diventato il motto dell'illuminismo.

È bello il concetto che avere più parole ci porta ad avere più pensieri. Sul Venerdì di Repubblica del 19 aprile però mi imbatto in una parola, derivata dall'inglese, che mi fa imbestialire per la sua inutilità: "foraging" ovvero come trovare e cucinare le erbe selvatiche. E passi che una volta facevamo le escursioni in montagna e ora facciamo il trekking, prima si andava a correre e adesso si fa jogging, però che adesso abbiamo bisogno di una "forager" che ci insegni "l'arte del foraging" mi sembra davvero troppo. In questo periodo potete andare a raccogliere gli asparagi; fra qualche tempo, durante una camminata in montagna, potrete raccogliere gli orapi; però, vi prego, niente foraging.

lunedì 1 aprile 2019

L'isola deserta

Talvolta mi prende a male: per consolarmi rileggo qualche brano di un libro che mi ha appassionato. Ennio Flaiano si presta benissimo a essere riletto "a spizzico", così diventa uno degli autori preferiti nei momenti di malumore. Flaiano non ha scritto certo di montagna; ha indagato con lucidità i vizi della nostra società. Anche la fruizione del tempo libero dedicato alla montagna può essere riletto attraverso la sagacia e l'ironia di questo autore.
Eccovi un passaggio del frasario di Flaiano (tratto dal Diario degli errori, al frammento [356]): Un'isola deserta non è più deserta: è soltanto periferia. Non si evade più. L'ingranaggio è troppo potente e ubiquo. Siamo maturi per una globale ora del dilettante: ognuno dica la sua, ma in fretta.
Questa citazione risale a metà degli anni '60, quando la speculazione edilizia delle nostre montagne era ancora agli albori. L'isola deserta che diventa periferia mi ha fatto ripensare a quella serata in sede che abbiamo vissuto con le immagini di Stefano Cioffi, il fotografo che ha ritratto gli scempi edilizi delle stazioni sciistiche d'Appennino ormai abbandonate. Molti di voi ricorderanno quelle foto che comunicavano un senso di desolazione. Gli insediamenti residuali che troviamo tra i boschi dei nostri monti somigliano molto di più a un quartiere dell'estrema periferia romana piuttosto che a un paesino di montagna isolato.
Ma non c'è solo questo nella riflessione di Flaiano. Mi sembra che preconizzi, con cinquant'anni di anticipo, l'avvento dei social. Possiamo condividere migliaia e migliaia di immagini e commenti ma abbiamo perso il valore più grande: la soddisfazione intima di ciò che abbiamo fatto, della meta che abbiamo raggiunto. Ormai conta solo dire la propria in questa gigantesca ruota mediatica. Siamo presi in questo ingranaggio dove conta solo far sapere cosa abbiamo fatto.
Allora riapro gli Scritti di montagna di Massimo Mila e torno a leggere Il successo (interiore) di chi scala una montagna. Mila riconosce che in società fa certamente più effetto raccontare di aver salito un 6000 sulle Ande piuttosto che una modesta cima in val di Susa. La sua etica alpinistica lo porta però a concludere che riuscire nell'impegno che ci siamo prefissati, per quanto irrilevante in termini assoluti, ci dona quella interiore euforia che nessuno ci potrà togliere. Mila termina così: c'è un Successo sacro, intrinseco all'uomo e immanente, e un Successo profano, tutto esteriore e ciarlatanesco. Naturalmente è il Successo sacro, cioè serio, quello che conta. 
Concludo con due raccomandazioni. La prima è leggere Mila (e, se volete, anche Flaiano per quanto non sia così immediato). La seconda è di cercare in montagna la soddisfazione intima, personale: un ottimo sistema per mantenere a lungo l'entusiasmo di andare in montagna e affrontare nel modo migliore gli anni che avanzano.