Arturo ci ha invitato a utilizzare parte del tempo libero estivo per leggere qualche libro della nostra biblioteca. So che libri ha preso: i gialli di Enrico Camanni che hanno come protagonista Nanni Settembrini capo delle guide di Courmayeur e Cometa sull'Annapurna di Simone Moro. Non ho più visto Arturo e non ho saputo se gli siano piaciuti.
Tonino è invece alle prese con Il silenzio di Erdling Kagge. L'esploratore norvegese ha raggiunto in solitaria il Polo Sud, dopo aver scalato l'Everest e raggiunto il Polo Nord. Dai cinquanta giorni di marcia sui ghiacci dell'Antartide ha riportato indietro una sua filosofia del silenzio, chiave per riuscire a chiudere fuori il mondo.
Da queste letture potrebbero venir fuori buoni spunti per una nostra serata di chiacchiere del prossimo inverno.
Io ho approfittato di qualche giorno di mare per leggere un classico: Fuga sul Kenia, di Felice Benuzzi; in biblioteca ne abbiamo una buona edizione, ancora in buono stato, seppure di cinquant'anni fa. Il racconto in prima persona inizia in un campo di prigionia britannico, in Africa Orientale, durante la seconda guerra mondiale. Per sfuggire all'inedia di una vita confinata in un luogo di miseria fisica e morale, l'autore concepisce un progetto folle: scalare la montagna che vede in lontananza, al di là dei reticolati. Il piano prevede di trovare dei compagni, senza destare sospetti tra gli altri prigionieri; procurare tutto il necessario per la spedizione: viveri a sufficienza, materiale per allestire i campi, attrezzatura alpinistica; poi bisogna evadere, attraversare la foresta equatoriale popolata di leopardi e leoni, elefanti e rinoceronti, infine allestire un campo base sotto le rocce e i ghiacciai sommitali. L'obiettivo finale e coronamento della fuga sarà piantare una bandiera italiana su una vetta di 5000 metri. Per dare un'idea delle difficoltà e della precarietà dell'organizzazione, basti pensare che la topografia in possesso dei nostri fuggiaschi è un'immagine del Monte Kenia raffigurata sull'etichetta di una carne in scatola! Al di là della cronaca della fuga e dell'ascensione, sempre avvincente e raccontata in modo scorrevole, la bellezza del romanzo è altrove. Il libro è un inno alla follia dell'alpinismo. Quella follia che proviamo tutti, dagli escursionisti domenicali agli alpinisti di punta, nel salire le montagne, la più inutile e sublime delle attività umane, qui è portata al suo estremo. Qualunque prigioniero avrebbe pensato di evadere soltanto per raggiungere la libertà che è però a mille chilometri di distanza: il Mozambico, colonia del neutrale Portogallo. I nostri invece evadono nel tentativo di scalare il Monte Kenia, sapendo fin dall'inizio che dovranno tornare al campo, unica possibilità di sopravvivenza, dove li attende una punizione per la loro evasione. La loro è una fuga che serve a ritrovare sé stessi e dare un senso alla loro vita, a continuare a sperare.
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