Il cercatore di luce è il
titolo di un bel romanzo di Carmine
Abate, pubblicato da Mondadori.
Due storie si intrecciano, a distanza di un secolo: il legame, tra questi
eventi così lontani nel tempo, è un quadro che Giovanni Segantini, il celebre
pittore delle Alpi, avrebbe regalato al nonno dell’io narrante. Quest’ultimo è
ancora adolescente quando sale nella baita di famiglia, sulle montagne del
Trentino: qui scopre un dipinto che rappresenta una donna, con gli occhi
chiusi, appoggiata sotto un albero, con in braccio il suo bambino. Ne resta
affascinato. Attraverso i racconti della nonna, il ragazzo risalirà alle
vicende umane e artistiche di Giovanni Segantini che gli sembreranno, in
qualche modo intimamente collegate a quelle della sua famiglia, nei momenti di
incanto davanti alla meraviglia della natura alpina come in quelli drammatici.
Nato da
famiglia poverissima, Segantini visse una infanzia infelice a causa della morte
prematura della madre; praticamente analfabeta, la sua vita cambiò grazie al
suo innato talento e all’incontro con Bice Bugatti, di agiata famiglia
milanese, eterno amore della sua vita. La coppia peregrinò fino a stabilirsi in
val Bregaglia e a Maloja. Fu qui, a contatto con la straordinaria bellezza
della natura alpina, che il pittore realizzò i suoi capolavori. I suoi quadri
rappresentano, attraverso i paesaggi montani, i temi fondamentali della vita
umana: la vita e la morte, la natura, l’amore.
Alternando
le descrizioni della malga trentina e dello splendore dell’Engadina, delle
vicende della famiglia Segantini e della famiglia dei giorni nostri attraverso
tre generazioni, la narrazione ci porta fino al finale, dolcemente triste.
Oltre
il piacere della lettura, per me il libro è stata una rivelazione che mi ha
condotto a interpretare i quadri di Segantini che ho visto, purtroppo, soltanto
nelle riproduzioni: ne ho apprezzato così la ricerca della luce delle montagne
e l’immensità del cielo.
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