Il prossimo
4 novembre saranno compiuti cento anni dalla fine della Grande Guerra,
un'occasione per tornare a parlare di quelle terre di confine dove si svolsero
gli eventi bellici ma anche delle conseguenze che ne derivarono e della storia
che ne seguì. In questo periodo in cui si rialzano muri alle frontiere e
l'integrazione europea scricchiola vale la pena rileggere gli eventi accaduti
in queste zone di montagna
Vi ho già
parlato di Andrea Nicolussi Golo, era maggio, potete ritrovare qui sotto il
post intitolato La montagna al tempo delle BR. Accademico del GISM (Gruppo
Italiano Scrittori di Montagna) e appartenente alla minoranza di lingua cimbra
installatasi in Trentino in epoca medievale: mi è sembrata la persona ideale
per una serata da dedicare alla ricorrenza della fine della guerra. Confido che
si prenda il disturbo di venire a trovarci. Intanto mi ha segnalato due libri editi
da Keller che ora sono disponibili in biblioteca. Keller è una piccola casa
editrice trentina: il suo progetto Confini vuole "raccontare attraverso la
letteratura internazionale la Prima guerra mondiale, cosa è accaduto e come ha
segnato la vita del Novecento e talvolta del nostro tempo".
Ai margini
della ferita di Sepp Mall è ambientato nella Bolzano (immaginata seppur mai
nominata) degli anni Sessanta. Sono anni di forti tensioni, di separazione
etnica, cioè una separazione linguistica, culturale ma anche fisica per chi è
confinato a vivere nei condomini di Harlem. Sono gli anni del terrorismo, degli
attentati contro i simboli del potere italiano e conto i tralicci dell'alta
tensione. Il romanzo segue le vicende parallele di due famiglie di origini
sudtirolesi che vivono ognuna un dramma interiore legato al clima pesante che
si respira. La trama si snoda in un fluire di eventi sempre teso, raccontato dal
punto di vista dei bambini, dei ragazzi, degli adolescenti: sono loro che non
capiscono le ragioni di ciò che accade intorno e sognano di evadere; poi si
prova un'attrazione per una ragazza o un ragazzo italiano e le cose si
complicano.
L'angelo
dell'oblio di Maja Haderlap è ambientato invece nella Carinzia, la regione più
meridionale dell'Austria dove vive una minoranza linguistica slovena, in una
valle di boschi, pascoli, piccoli paesi, masi isolati dove sopravvive una
cultura contadina tradizionale, strettamente legata alla terra. Il romanzo è
autobiografico e scritto in prima persona. L'autrice è ancora bambina e vive in
una famiglia con un padre tormentato dall'alcool e una madre insoddisfatta, di
stretta educazione cattolica: la bambina è molto legata alla nonna che affronta
positivamente la vita ma porta le cicatrici del campo di concentramento
femminile di Ravensbruck. La guerra è finita da un paio di decenni ma se ne
parla ancora dovunque, in famiglia, tra parenti, nelle osterie di paese. Gli
sloveni di Carinzia sono una minoranza etnica che ha pagato un tributo
pesantissimo alla guerra e alle persecuzioni razziali dei nazisti. Neanche la
pace porta una pacificazione; la strada per elaborare le sofferenze patite sarà
lunga e difficile. Il fluire del racconto è, a volte, lento ma il finale è una
stretta al cuore che non mi ha mollato. Il libro ha vinto nel 2011 il Premio
Ingebor-Bachmann (di cui peraltro ignoravo l'esistenza).
Sempre
sull'argomento mi è sfuggito un libro che valeva la pena citare. Ha rimediato
Federico che lo ha letto e commentato così. Leggendo un articolo sui finalisti
del premio Strega, mi è capitato di vedere la copertina del libro Resto qui di
Marco Balzano: un campanile che emerge da un lago. Non poteva che trattarsi del
Lago di Resia in Val Venosta. Il romanzo, bellissimo, commovente e
coinvolgente, parla di coraggio e di amore per la propria terra e per una vita,
tradizioni, cultura a cui non si vuole rinunciare nonostante gli altri
vorrebbero obbligarci a farlo. La protagonista è una donna che fa di tutto per
non dover emigrare e lasciare il suo maso a Curon, nel Sudtirolo. Trina, giovane
donna di lingua tedesca cresce, studia, si sposa, affronta la guerra, la
dominazione fascista, il controllo nazista e la paura di vedere il suo paese
sommerso per il folle desiderio di Mussolini di costruire una diga. E’
ambientato durante il fascismo, quando il Regime tolse agli abitanti del
Sudtirolo anche il diritto alla loro lingua, mettendo al bando il tedesco e facendo
persino cambiare i nomi sulle lapidi nei
cimiteri. A narrare in prima persona è Trina, la maestra, con una lunga
lettera che scrive alla figlia di 10 anni scomparsa, alla quale racconta tutta
la sua vita con la speranza di rivederla un giorno. La vicenda attraversa gli
anni del fascismo e della guerra fino alla costruzione della diga a cui la
protagonista si opporrà con tutte le sue forze.
Un'ultima
segnalazione: è appena uscito Inganno di Lilli Gruber, terzo volume della
trilogia che la giornalista ha dedicato alla storia del Novecento in Sudtirolo.
Lo leggerò sicuramente perché i due precedenti mi hanno catturato. Qualcuno
ricorderà che abbiamo parlato di Eredità, primo volume della serie, in una
serata di qualche anno fa: il libro è disponibile in biblioteca.
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