In un suo racconto, citato molto spesso, Massimo Mila narra di aver saputo
di aver vinto il premio Viareggio da un villeggiante di Courmayeur, incontrato
per caso; Mila era di ritorno da una drammatica esperienza alpinistica sul
monte Bianco che lo aveva costretto a un bivacco nel mezzo di una tormenta.
Chiude così il suo racconto: Ecco dove mi
ha trovato il Premio Viareggio del 1950: sui prati di Entrèves, il luogo che ho
più caro al mondo. E ha messo l’una di fronte all’altra, come mai prima di
quella scadenza significativa della mia vita, quelle che sono le due facce
della persona, i due fili della mia esistenza: la vocazione alla cultura,
necessariamente sedentaria, e l’amore dell’avventura alpina.
Ben conosciuto come critico musicale, Mila ha scritto molti libri
dedicati alla storia della musica, così come a Mozart, Verdi, Stravinsky,
Brahms e altri grandi compositori. Fu anche buon alpinista al punto di essere
ammesso tra gli accademici del CAI, seppure per meriti culturali come ammise
lui stesso. Mila scrisse quindi anche di montagna, sua grande passione al pari
della musica. In biblioteca abbiamo L'altra faccia della mia persona (ed. Vivalda); nel 1992 Einaudi pubblicò una raccolta
dei suoi Scritti di montagna. In questo volume di oltre 400 pagine (purtroppo fuori
catalogo) Mila affronta il tema montagna da svariati punti di vista: ci sono
naturalmente resoconti delle salite più interessanti, effettuate principalmente
tra il monte Bianco e l'Oberland; ricordi di grandi alpinisti come Gervasutti,
Boccalatte, Chabod e altri con cui Mila ebbe il piacere di scalare; l'invito
allo sci fuori pista e le sue salite scialpinistiche; le lettere da Regina
Coeli durante gli anni della prigionia dovuta alla militanza antifascista; non
ultimi gli scritti che cercano di inquadrare una filosofia dell'alpinismo, la
ricerca del perché e del come si va in montagna. Ne emerge un innamorato
assoluto, la passione alpinistica si avverte in ogni pagina. Il tratto
fondamentale del suo narrare è la discrezione, la negazione di ogni
trionfalismo anzi un pudore spesso intriso di autoironia. Se si respira l'ammirazione
per i grandi della sua epoca, a volta suoi compagni di cordata, è soprattutto
il sentimento di amicizia e cameratismo che caratterizza il racconto delle sue
avventure alpinistiche. Mila indaga le ragioni dell'alpinismo per concludere
che il vero successo di chi va in montagna è la propria soddisfazione
interiore, rifuggendo qualsiasi affermazione e competizione. Il valore più alto
che cerca in montagna, come nella vita civile, è la libertà individuale.
L'alpinismo di Mila, pur di alto livello, non ricerca tanto la performance
sportiva quanto la chiave per conoscere il mondo e sé stessi. I temi della vita
civile appaiono talvolta: nel ricordo di Guido Rossa, alpinista e sindacalista
ucciso dalle Brigate Rosse, come nell'incontro con i due clandestini che
cercano di passare le Alpi per emigrare in Francia o nella perorazione per l'ammissione
delle donne tra gli accademici, ancora vietata nel CAI degli anni '60.
La lettura degli scritti di Mila mi ha comunicato un senso di
chiarezza, di giustizia, quando i valori della vita civile sembrano confusi
così come quelli dell'alpinismo. Perciò mi è sembrato doveroso parlare di
questa figura di intellettuale e di alpinista nella prossima serata biblioteca.
In questo compito non semplice mi aiuteranno Nazzareno che tratterà il Mila musicologo
e i rapporti tra musica e montagna, Silvia che ne metterà in luce l'impegno
civile e tutti i soci e simpatizzanti che avranno la cortesia di ascoltarci e
interloquire con noi.
Nessun commento:
Posta un commento