Ho preso l'abitudine, quando mi arriva a casa Montagne 360, la rivista del CAI, di cominciare a sfogliarla dalla fine. La mia lettura inizia ormai dalle recensioni dei libri. L'estate scorsa ho quindi appreso della pubblicazione della biografia di Mario Rigoni Stern, curata da Giuseppe Mendicino. Il libro, edito da Priuli e Verlucca, si intitola Mario Rigoni Stern vita, guerre, libri. A settembre l'ho subito detto a Federico, la prima volta che l'ho visto, sapendolo appassionato lettore dei racconti del sergente di Asiago. L'aveva già comprato e l'aveva già letto, così me l'ha prestato anticipandomi che non ne era rimasto entusiasta. Il libro è ricco di informazioni molto dettagliate lungo tutti gli ottantasei anni della sua vita ed è anche corredato di buone foto. però risulta didascalico nel lungo elenco di nomi di persone, luoghi e fatti, anche i meno rilevanti. Il libro rende comunque bene tutti i temi cari a Rigoni Stern che peraltro noi lettori già conoscevamo approfonditamente avendone letto i romanzi e gli innumerevoli racconti che hanno spesso riferimenti autobiografici. Tutte le spigolature che questa biografia aggiunge sono comunque interessanti ma non emozionano più di tanto.
Molte pagine sono dedicate alla disastrosa ritirata di Russia. Il ragazzo appena ventenne, uscito dagli anni entusiasmanti della scuola militare alpina partecipa prima alla guerra in Albania e poi parte per la campagna di Russia, convinto di combattere per una giusta causa. La disfatta e la penosa ritirata matureranno in lui la convinzione che i contadini russi che incontra lungo la ritirata sono invece suoi "paesani" e anche i soldati russi non sono cattivi; i suoi veri nemici sono a Roma, nelle alte sfere politiche e militari. Di fronte a questa drammatica realtà il sergente Rigoni non perde la testa, non inveisce contro nessuno e non manda nessuno "affa" anche avendone un mare di ragioni. Continua a servire la Patria: ora il suo scopo è portare a casa i suoi uomini, compito a cui assolve con assoluta dedizione. Dopo l'otto settembre si rifiuterà di aderire alla Repubblica di Salò e pagherà questa scelta con due anni di prigionia nei lager tedeschi. La biografia di Mendicino racconta bene questo passaggio fondamentale ma a noi, che l'avevamo già letto nei suoi romanzi e nei suoi racconti, ha aggiunto ben poco.
Un altro aspetto rilevante è il suo amore per la natura che doveva però conciliarsi con la sua passione venatoria che in molti gli rimproveravano. E' pur vero che Rigoni Stern "andava a caccia con un fucile con un colpo solo e a piedi"; questa cosa però non mi ha mai convinto del tutto così come non ha mai convinto Ennio Flaiano che, dopo una lunga disputa, tuttavia ammise: "quella del suo fucile è una carica poetica".
Rigoni Stern andato in pensione anticipata (se l'era ben meritata dopo gli anni di guerra e prigionia) ha dedicato il suo tempo a Camminare, Leggere e Scrivere. Mi fa piacere pensare che anche io con l'avanzare degli anni gli assomiglio in questo e il giorno che andrò in pensione lo farò ancora di più. Certo lui scriveva ben altre storie, aveva ben altro da raccontare, e camminava per i boschi dell'Altopiano di Asiago: io porto a spasso il cane nella nostra brutta periferia, cercando quel po' di prati e bosco che ancora si trova alle spalle del Casaleno, giù verso le vecchie fornaci. Mi consolo con qualche escursione in montagna e qualche giro in bicicletta.
Chiudo questo post citando la chiusura della biografia scritta da Mendicino che riassume bene l'eredità che il Sergente ci ha lasciato. Il 16 giugno 2008 Mario Rigoni Stern se n'è andato per sempre, ma non è scomparso. Quando ci fermiamo a guardare una meraviglia della natura o un suo piccolo fuggevole dettaglio, quando siamo incerti su una decisione che mette in gioco il nostro codice etico, quando ci chiediamo quale sia davvero il senso del nostro vivere inquieto, ricordarlo, rileggere le sue pagine, può farci sentire meno soli. E' questo il suo ultimo dono.
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