Questa recensione è stata curata da Federico Mingarelli.
Lo chiamavano Alpe Madre è un bel romanzo di Loris Giuriatti, padovano,
trasferitosi a Bassano del Grappa dove insegna e lavora come responsabile di un
centro di formazione professionale. Nel tempo libero si occupa alla promozione
del Monte Grappa, sua grande passione, accompagnando i visitatori sui percorsi
della Grande Guerra.
È un libro che racconta il Grappa. La
narrazione procede su due canali, quello storico che riguarda il conflitto
mondiale, partendo dall’attentato di Sarajevo all’arciduca Francesco
Ferdinando, mettendo in evidenza i lati oscuri della vicenda; una seconda anima
che vive invece nel presente, con i protagonisti che hanno gli stessi nomi
reali delle persone che vivono nel territorio, come anche le malghe e i rifugi.
È autunno inoltrato e sul Grappa la
stagione dei turisti va scemando quando si presenta nel rifugio gestito da
Angelo e Carlotta un tipo vestito con felpa, bermuda e sandali, non proprio
l’abbigliamento adatto per salire in montagna. Si chiama Joshua, è austriaco e
porta con sé una sacca contenente tre oggetti: un documento con il sigillo
asburgico, la foto della Madonnina del Grappa e un acquarello con una frase
strana.
Angelo si fa subito coinvolgere insieme
ad altri suoi amici malgari e recuperanti.
Inizia così una ricerca per individuare
altri dipinti sparsi tra le varie baite che li porterà ad una vicenda avvenuta
cento anni prima tra il Grappa e Vienna. La storia di un grande amore
contrastato e altre micro storie dei vari protagonisti del periodo bellico e
quello attuale. La storia d’amore tra Eugen Rubin, cameriere personale di
Francesco Giuseppe e l’italiana Sara Musec è davvero bella e toccante.
Sapranno far luce sul grande mistero che
risale alla prima guerra mondiale?
La lettura è coinvolgente e alla fine
viene da chiedersi se si tratti di una storia vera...