Federico ha letto Le nuvole non aspettano di Marco Pozzali e riassume così le sue impressioni:
Il racconto, bello e commovente, è ambientato in Patagonia. Le
cime maestose delle Ande, a cui alterna richiami alle “sue” Dolomiti orientali
come la Croda Bianca e le bellissime Marmarole,
sono descritte minuziosamente.
Il protagonista è un uomo ormai anziano che porta nel cuore
un dolore troppo grande. Sergio ha un rapporto con la montagna di amore-odio. La
montagna gli ha tolto un figlio, caduto mentre era con lui in cordata. A distanza di trent'anni da quella disgrazia parte per un
lungo viaggio per arrivare fino in
Patagonia, portandosi dietro un dolore immenso. Ormai alla soglia dei 70 anni trova lavoro in una sorta
di emporio-ferramenta in una località non lontana dal Cerro Torre, montagna che
ha molto amato e dove ha scelto di ritornare dopo aver girovagato tra Italia e
Argentina. Si intuisce abbastanza presto come andrà a finire, anche
se il racconto gioca anche sull’”attesa” (di buzzatiana memoria).
Gianni Mura in una sua recensione scrive: c'è qualcosa di buzzatiano nel vecchio
alpinista che da solo va all'ultimo assalto, nell'indifferenza delle montagne
addormentate. Il resto è una lunga e amara storia d'amore, raccontata con uno
stile pulito, tagliente, splendido, come uno scorcio del Cerro Torre".Arturo ha letto Assassinio sul K2 di Dusan Jelincic e lo racconta così:
I
libri che amo di più leggere sono i thriller ed i racconti di montagna. Questi
due generi si fusero insieme nel mitico “Assassinio sull’Eiger” di Trevanian che
tanto mi appassionò, da cui fu tratto un famoso film del 1975 di Clint Eastwood
e cui dedicammo anche una serata BiblioCAI. Ora mi sono imbattuto in
“Assassinio sul K2” e l’ho letto con grande interesse ritrovando
quelle atmosfere di suspense vissute in alta montagna, tra scalate estreme e
misteriosi delitti e vendette, in un susseguirsi appassionante di rocambolesche
situazioni, fino all'immancabile colpo di scena finale.
Forse
questo libro non sta al livello del suo predecessore ma si fa leggere comunque
con molto piacere. Ho scoperto lo scrittore e giornalista triestino, di origine
slovena leggendo l’altro suo libro presente nella nostra biblioteca, “Dove va
il vento quando non soffia”, dove ci racconta della sua scalata ad un Ottomila,
il Gasherbrum II, vissuta come un’avventura di una persona normale, buon
alpinista ma certo non fuoriclasse della montagna, che si porta dietro tutte le
sue difficoltà, le sue apprensioni ed i suoi limiti, ma che alla fine riesce a
portare a termine il suo sogno.
“Assassinio
sul K2” ci dimostra come il male sia presente in tutti gli ambienti, anche nel
mondo degli alpinisti, spesso descritti come eroi puri ed immacolati da una
certa letteratura retorica e partigiana. Ma non credo che Jelincic con questo
romanzo abbia voluto lanciare messaggi, come qualche recensore ha voluto
sottolineare; credo piuttosto che si sia divertito a scrivere un giallo, un
thriller ambientato in alta quota, spostando l’azione tra due montagne mitiche:
proprio l’Eiger, guarda un po’, ed il K2. I protagonisti sono alpinisti di
nazionalità e culture assai diverse, che il destino fa prima incontrare e poi
diventare vendicativi nemici, in un’azione che si sviluppa a distanza di
decenni tra vette e ghiacciai, accampamenti in quota e scalate al limite: una
lettura piacevole ed appassionante certamente da consigliare.
Io ho letto Bambole di pietra di Paolo Martini: è la storia delle Dolomiti o meglio la storia di come queste montagne siano state percepite da alcuni personaggi di cultura che ne hanno scritto la storia. Quelle montagne misteriose e affascinanti scoperte da Dolomieu, che le percorse faticosamente a piedi oltre due secoli fa, sono oggi lo sfondo delle serate dei nuovi ricchi che raggiungono in elicottero ristoranti a cinque stelle, posti sotto le pareti più vertiginose. In mezzo ci sono i viaggiatori dell'Ottocento, gli alpinisti classici di inizio Novecento, l'esplosione del turismo di massa che ne è seguito. Il tono del libro è estremamente critico verso questa sovraesposizione turistica che ha banalizzato un mondo affascinante. Cosa salverà queste delicate bambole di pietra? nelle ultime pagine del libro si intravede una soluzione: la bicicletta, forse, se la sapremo usare con accortezza.
Mario Maniccia ha letto, invece, Il peso delle ombre di Mario Casella. L'autore allunga l'ombra del dubbio su alcune famose imprese alpinistiche, senza fare sconti a nessuno. Non vuole negare risolutamente l'esito di celebri salite ma si limita a insinuare il sospetto, scrivendo così un libro che si legge piacevolmente per il suo tono irriverente. Se c'è una tesi di fondo è che nel business dell'alpinismo bisogna raccontare comunque una meta raggiunta, una vittoria, se si vuole restare nel cono di luce mediatico.
Questi quattro nuovi libri sono ora sugli scaffali della nostra biblioteca, in attesa di nuovi lettori.
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