sabato 19 maggio 2018

La montagna al tempo delle BR

Succedono belle cose da quando tengo questo blog ma quest'ultima è davvero particolare. Dopo avermi letto, mi ha contattato Andrea Nicolussi Golo: appartenente alla comunità dei cimbri, popolo di origine germanica insediatosi in una valle trentina in epoca medievale, è uno scrittore di montagna, lavora presso lo sportello linguistico della Magnifica Comunità degli Altopiani Cimbri e collabora come operatore culturale con l'istituto cimbro di Luserna. Ha tradotto Mario Rigoni Sterno in cimbro, è accademico del Gruppo Italiano Scrittori di Montagna (GISM).
Andrea (mi permetto di chiamarlo per nome, ci diamo del tu) ha regalato alla nostra biblioteca una copia del suo romanzo Di Roccia Di Neve Di Piombo edita da Priuli e Verlucca, nella collana I Licheni, nel 2016. La storia è ambientata, a metà degli anni Settanta, in una grande città del nord. Quattro ragazzi e una ragazza lavorano come operai nella grande fabbrica di auto (mai nominata esplicitamente): hanno origini e tradizioni montanare. Sono anni duri segnati da catene di montaggio. turni di notte, lotte sindacali, picchetti, violenze, sangue. E l'ombra inquietante del terrorismo. Le giornate spese in montagna sono una boccata di ossigeno, prima di tornare all'aria greve della città e della sua fabbrica: è anche l'occasione per misurarne la differenza rispetto ai ritmi e ai valori della vita su in valle che sta per essere risucchiata dalla modernità. La scrittura usa immagini, suoni, odori, per cercare di rendere sempre vivo il contrasto tra i due ambienti, tra i due estremi delle loro esistenze.
Ho letto il libro con avidità, cercando di assorbirne il più possibile, restando incollato alla pagina. Ogni tanto ho dovuto smettere: per uscire dalla storia quando si faceva inquietante, per riposarmi, per diluire il dolore. Vedere ricomparire i comunicati con la stella a cinque punte, per chi era giovane a quell'epoca, fa tornare su un'angoscia mai sepolta definitivamente.
Il libro fa riferimento esplicito a Guido Rossa, accademico del CAI, che abbandonò l'alpinismo per dedicarsi all'impegno sociale. Operaio all'Italsider di Genova e sindacalista, fu assassinato dalle Brigate Rosse nel 1979. Chi c'era alla serata su Massimo Mila, non avrà dimenticato la lettura del brano che lo ricordava. 
Il libro di Andrea Nicolussi Golo si apre con una citazione di Giampiero Motti:"Incontrerò una sera d'inverno Guido Rossa... Mi dirà che l'errore più grande è quello di vedere nella vita solo l'alpinismo, che bisogna invece nutrire altri interessi, molto più nobili e positivi, utili non solo a noi stessi ma anche agli altri uomini..."

Adesso mi sto dedicando ad altre letture. Ho cominciato l'ultimo libro di una vecchia conoscenza della nostra biblioteca, Francesca Melandri. La montagna non c'entra niente, diciamo che prendo un periodo di "vacanza".

domenica 13 maggio 2018

Nuovi libri

Sono arrivati quattro nuovi libri e ognuno ha trovato subito un lettore.

Federico ha letto Le nuvole non aspettano di Marco Pozzali e riassume così le sue impressioni:
Il racconto, bello e commovente, è ambientato in Patagonia. Le cime maestose delle Ande, a cui alterna richiami alle “sue” Dolomiti orientali come la Croda Bianca e le bellissime Marmarole,  sono descritte minuziosamente.
Il protagonista è un uomo ormai anziano che porta nel cuore un dolore troppo grande. Sergio ha un rapporto con la montagna di amore-odio. La montagna gli ha tolto un figlio, caduto mentre era con lui in cordata. A distanza di trent'anni da quella disgrazia parte per un lungo viaggio per arrivare  fino in Patagonia, portandosi dietro un dolore immenso. Ormai alla soglia dei 70 anni trova lavoro in una sorta di emporio-ferramenta in una località non lontana dal Cerro Torre, montagna che ha molto amato e dove ha scelto di ritornare dopo aver girovagato tra Italia e Argentina. Si intuisce abbastanza presto come andrà a finire, anche se il racconto gioca anche sull’”attesa” (di buzzatiana memoria).
Gianni Mura in una sua recensione  scrive: c'è qualcosa di buzzatiano nel vecchio alpinista che da solo va all'ultimo assalto, nell'indifferenza delle montagne addormentate. Il resto è una lunga e amara storia d'amore, raccontata con uno stile pulito, tagliente, splendido, come uno scorcio del Cerro Torre".

Arturo ha letto Assassinio sul K2 di Dusan Jelincic e lo racconta così:
I libri che amo di più leggere sono i thriller ed i racconti di montagna. Questi due generi si fusero insieme nel mitico “Assassinio sull’Eiger” di Trevanian che tanto mi appassionò, da cui fu tratto un famoso film del 1975 di Clint Eastwood e cui dedicammo anche una serata BiblioCAI. Ora mi sono imbattuto in “Assassinio sul K2” e l’ho letto con grande interesse ritrovando quelle atmosfere di suspense vissute in alta montagna, tra scalate estreme e misteriosi delitti e vendette, in un susseguirsi appassionante di rocambolesche situazioni, fino all'immancabile colpo di scena finale.
Forse questo libro non sta al livello del suo predecessore ma si fa leggere comunque con molto piacere. Ho scoperto lo scrittore e giornalista triestino, di origine slovena leggendo l’altro suo libro presente nella nostra biblioteca, “Dove va il vento quando non soffia”, dove ci racconta della sua scalata ad un Ottomila, il Gasherbrum II, vissuta come un’avventura di una persona normale, buon alpinista ma certo non fuoriclasse della montagna, che si porta dietro tutte le sue difficoltà, le sue apprensioni ed i suoi limiti, ma che alla fine riesce a portare a termine il suo sogno.
“Assassinio sul K2” ci dimostra come il male sia presente in tutti gli ambienti, anche nel mondo degli alpinisti, spesso descritti come eroi puri ed immacolati da una certa letteratura retorica e partigiana. Ma non credo che Jelincic con questo romanzo abbia voluto lanciare messaggi, come qualche recensore ha voluto sottolineare; credo piuttosto che si sia divertito a scrivere un giallo, un thriller ambientato in alta quota, spostando l’azione tra due montagne mitiche: proprio l’Eiger, guarda un po’, ed il K2. I protagonisti sono alpinisti di nazionalità e culture assai diverse, che il destino fa prima incontrare e poi diventare vendicativi nemici, in un’azione che si sviluppa a distanza di decenni tra vette e ghiacciai, accampamenti in quota e scalate al limite: una lettura piacevole ed appassionante certamente da consigliare.

Io ho letto Bambole di pietra di Paolo Martini: è la storia delle Dolomiti o meglio la storia di come queste montagne siano state percepite da alcuni personaggi di cultura che ne hanno scritto la storia. Quelle montagne misteriose e affascinanti scoperte da Dolomieu, che le percorse faticosamente a piedi oltre due secoli fa, sono oggi lo sfondo delle serate dei nuovi ricchi che raggiungono in elicottero ristoranti a cinque stelle, posti sotto le pareti più vertiginose. In mezzo ci sono i viaggiatori dell'Ottocento, gli alpinisti classici di inizio Novecento, l'esplosione del turismo di massa che ne è seguito. Il tono del libro è estremamente critico verso questa sovraesposizione turistica che ha banalizzato un mondo affascinante. Cosa salverà queste delicate bambole di pietra? nelle ultime pagine del libro si intravede una soluzione: la bicicletta, forse, se la sapremo usare con accortezza.

Mario Maniccia ha letto, invece, Il peso delle ombre di Mario Casella. L'autore allunga l'ombra del dubbio su alcune famose imprese alpinistiche, senza fare sconti a nessuno. Non vuole negare risolutamente l'esito di celebri salite ma si limita a insinuare il sospetto, scrivendo così un libro che si legge piacevolmente per il suo tono irriverente. Se c'è una tesi di fondo è che nel business dell'alpinismo bisogna raccontare comunque una meta raggiunta, una vittoria, se si vuole restare nel cono di luce mediatico.

Questi quattro nuovi libri sono ora sugli scaffali della nostra biblioteca, in attesa di nuovi lettori. 


domenica 6 maggio 2018

Convegno dei bibliotecari del CAI

Sabato sono stato al convegno annuale del BiblioCAI. Sono arrivato a Trento di buon mattino dopo una notte in cuccetta. Di fronte alla stazione c'è un bel parco pubblico, mi sono fermato a fare colazione poi mi sono seduto di fronte al piccolo laghetto artificiale: il sole cominciava a filtrare tra le nubi e le foglie nuove degli alberi. Ho preso il taccuino per appuntare le cose da dire e le domande da fare al convegno. In quel momento è passato un operatore ecologico o, se preferite il politicamente scorretto, uno spazzino: mi saluta e poi conclude: "Sta scrivendo? Bravo!". Mi sono reso conto di essere sbarcato in un altro mondo.
Vi riassumo gli argomenti più interessanti che sono stati presentati al convegno.
Innanzi tutto la digitalizzazione di centocinquanta anni di stampa sociale. Un raffinato criterio di ricerca permette di recuperare qualsiasi notizia pubblicata sulle varie testate del CAI impostando chiavi di ricerca e operatori logici per includerle e/o escluderle. Più facile a farsi che a dirsi: per questo motivo vorrei organizzare una serata in sede per illustrare ai soci interessati questo motore di ricerca. Ne darò avviso via newsletter.
Particolarmente interessante per noi la catalogazione dei beni musicali: testi, partiture, registrazioni sonore e così via. L'obiettivo del progetto è di poter fruire on-line di tutti questi beni cercando per vari criteri di selezione. L'argomento è complicato dalla estrema frammentazione di questi innumerevoli materiali e dai vincoli alla pubblicazione dovuti ai diritti d'autore. Il CAI sta valutando la possibilità di appaltare il lavoro di catalogazione a un esperto che abbia sufficienti nozioni di musica. Per ora c'è da aspettare. La nostra sezione, però, è stata individuata come un caso virtuoso, avendo sia un coro che una biblioteca, entrambi attivi. La responsabile della Biblioteca Nazionale si è resa disponibile per esaminare esempi del materiale che abbiamo e poi discuterne al telefono. Ci sarà da fare.
Da parte mia ho provato ad allargare il discorso dai problemi tecnici di catalogazione al coinvolgimento dei soci: devo dire che qualcuno ha raccolto la sollecitazione. Ne ho parlato abbastanza a lungo con la bibliotecaria di Firenze: non siamo andati al di là della considerazione che l'educazione alla lettura dovrebbe essere un problema delle istituzioni prima che del CAI però ci siamo scambiati impressioni di lettura, consigli sui libri letti e i contatti di posta.
Nel pomeriggio c'è stata la visita della biblioteca della SAT: occupa un intero piano di un antico palazzo rinascimentale e conserva pezzi interessantissimi, non solo libri. Noi neanche fra cent'anni.
La mattina sono venuti a salutarci il presidente generale del CAI e la neo-eletta presidentessa della SAT, la prima donna in centocinquanta anni di storia. Almeno in questo siamo arrivati prima noi.