lunedì 10 novembre 2025

Sette volte bosco

 

La Grande Guerra è stata fonte di ispirazioni di una moltitudine di narratori, da Luis Trenker a Mario Rigoni Stern a Ilaria Tuti, tanto per dire i primi che mi vengono in mente. A oltre cento anni di distanza, gli stravolgimenti che i montanari coinvolti loro malgrado nel conflitto hanno subito rappresentano ancora uno spunto per un nuovo romanzo.
Caterina Manfrini esordisce con Sette volte bosco, edito da Neri Pozza, per dar corpo a una storia che narra l’immediato dopoguerra. Una storia di sperdimenti, povertà, solitudine, perdita di qualsiasi riferimento affettivo che caratterizzano i giorni di chi, tra mille difficoltà, torna a vivere una vita normale, o perlomeno ci prova.
Adalina è stata sfollata a Mittendorf dove ha perso i genitori; ora torna al suo maso, alle pendici del Pasubio. Suo fratello che ha combattuto, ed è stato ferito, sul Lagazuoi è in un campo di prigionia italiano. Adalina è sola, il maso è stato devastato, non ha più le galline e le capre. Il racconto, che alterna espressioni dialettali e altre in lingua cimbrica, mette in risalto il legame che i montanari hanno con la natura e la loro terra: Adalina chiede consigli e chiede certezze allo spirito del fiume che scorre a fianco del suo maso. La piccola proprietà e la montagna, pe quanto devastate dalla guerra, le daranno quel minimo sostentamento che le permetterà di ricominciare a vivere.
Se inizialmente il romanzo indugia su questa faticosissima, dolorosa e incerta ripartenza, saranno poi altri avvenimenti a rendere avvincente la trama: un legame con un’altra giovane donna del paese, una presenza misteriosa, il ritorno del fratello. Lo sconquasso della guerra, lo spostamento dei confini, le identità nazionali ancora confuse rendono però sempre complicato riallacciare i rapporti umani.
Infine sarà la resilienza dei montanari a rimettere insieme le cose necessarie a sopravvivere e le relazioni personali, almeno così sembra di intuire alla fine del romanzo.
 
“Sette volte bosco, sette volte prato”: era la profezia secondo cui vivevano. La vita, insomma, era un cerchio. Tutto, alla fine, tornava come era stato, e niente di quello che avevano era dovuto. Ogni cosa cambiava, attraversava fasi e stagioni, tornava la stessa e ricominciava. Forse anche per Adalina le cose sarebbero ricominciate, ora che era di nuovo al màs.