Nel
2020, un consigliere del Parco Nazionale del Gran Paradiso lanciò una proposta:
«istituire nel territorio del Parco una Montagna sacra per tutte le genti e
tutte le fedi. Una montagna “inaccessibile”, sulla quale l’Uomo si impegna a
non salire mai. Si impegna ad accettare un Limite.». Fu scelto il Monveso di
Forzo, un tremila al confine tra Piemonte e Valle d’Aosta. Non erano previsti né
divieti né sanzioni, era piuttosto una provocazione, un monito a ripensare un
modello di sviluppo fondato sulla crescita senza limiti del turismo alpino e
delle sue infrastrutture. Questa proposta raccolse adesioni entusiastiche ma
allo stesso tempo voci altrettanto critiche: anche il CAI lo accolse piuttosto
tiepidamente.
Enrico
Camanni è ripartito da questa idea e ha dato alle stampe il suo ultimo libro
dal titolo La montagna sacra, edito da Laterza. Questo saggio riesamina la
percezione della montagna nella cultura occidentale che, negli ultimi due
secoli, è stata improntata a una progressiva urbanizzazione delle aree alpine
per soddisfare le necessità di un turismo sempre più massificato;
parallelamente le culture orientali hanno sempre visto la montagna come una
fonte di vita, attribuendole un’aurea di sacro rispetto.
Camanni
riepiloga la progressiva occupazione delle valli alpine secondo le ideologie dei
vari periodi storici fino a concentrarsi sull’esplosione del turismo di massa
del dopoguerra e la nascita dei sentimenti ambientalisti a partire dagli anni
’80. In questa sua ricostruzione riporta diversi pareri, a volte complementari,
a volte totalmente divergenti, in modo da affrontare l’uso che si è fatto delle
risorse naturali delle Alpi da diversi punti di vista.
Giunge
infine ai giorni nostri, segnati da cambiamenti climatici che richiedono sempre
maggiori investimenti e pesanti infrastrutture per consentire di sciare a quote
sempre più elevati; i costi nei comprensori turistici più richiesti lievitano
in modo da accentuare le differenze sociali.
Quale
futuro si prospetta? Camanni individua nell’accettazione di un limite la chiave
per impostare un diverso rapporto tra uomo e montagna, improntato alla
sostenibilità che rispetti l’ambiente e l’economia delle valli alpine. Intanto,
però, l’industria del divertimento non si ferma e progetta nuovi impianti e
ulteriori urbanizzazioni che trasformano sempre più la montagna in una città
con annesso il suo parco giochi.