Due nuovi libri in biblioteca raccontano diversi aspetti dell'ambiente naturale: La compagnia del gelso di Franco Faggiani e L'uomo che guardava la montagna di Massimo Calvi.
La prima recensione è a cura di Federico.
Aboca edita essenzialmente libri che hanno per tema la natura, la fauna, la flora, con particolare attenzione alla sostenibilità e ai nuovi modelli di sviluppo.
In questo ambito si trova la collana di narrativa “Il bosco degli scrittori” che comprende alcuni degli scrittori più sensibili al tema.
Gli autori raccontano storie del mondo a partire da un albero, ognuno con il proprio albero del cuore. Quello di Franco Faggiani è il gelso.
In dialetto il gelso è detto lu porcu, perché della pianta come del maiale non si butta via niente, dallo sciroppo di more alle radici per la salute, senza dimenticare l’importante funzione delle sue foglie che nutrono i baschi da seta.
Con La compagnia del gelso Franco Faggiani, giornalista e scrittore appassionato di montagna e di boschi ci consegna dei piccoli messaggi di conoscenze botaniche attraverso le divertenti avventure di alcuni personaggi spassosi, uniti dall’amore per la natura.
Il racconto inizia con la disavventura capitata al solitario professore Pier Maria Croz, milanese, da poco trasferitosi alla facoltà di Scienze Forestali dell’Università di Ascoli. Viene investito da Nevio con la sua mitica Panda, “capo” di un’allegra combriccola di vecchietti, che scambia l’ingresso della villetta dove alloggia il professore con l’entrata della propria abitazione adiacente.
L’incidente però ha tutto il sapore di un segno del destino…
Un uomo alla fine dei suoi giorni chiede di essere portato davanti alla sua montagna: vuole attraversare l’ultimo tratto del suo percorso terreno nella contemplazione di uno scenario alpino che gli è particolarmente caro. L’uomo che guardava la montagna di Massimo Calvi, per le edizioni San Paolo, è un diario di questi ultimi tredici giorni. Mi sarei aspettato toni drammatici e interrogativi inquietanti che, invece, sono appena accennati. La contemplazione della montagna sembra infondere serenità nel protagonista nel suo tragitto verso una fine ineluttabile. Gli elementi del paesaggio contribuiscono, ognuno a modo suo, a risvegliare i ricordi di una vita e a tracciarne un bilancio che sarà inevitabilmente in chiaroscuro.
L’autore è caporedattore ed editorialista di Avvenire. Lo immagino uomo di fede e non so se ci sia qualcosa di biografico nel suo racconto. Le descrizioni della montagna, vivide nell’immaginazione e pacate nei toni, inducono tranquillità nel lettore. Non so se la montagna abbia davvero questo potere nel tratto estremo delle nostre vite. Però me lo auguro di cuore.