Viaggiare
significa cercare nella terra miniere d’oro che nessuno ha scavato, nell’aria
meraviglie che nessuno ha visto. Così diceva Alexandre Dumas, il celebre
scrittore francese che viaggiò spesso anche in Italia lasciandone testimonianza
nelle sue memorie.
La capacità dell’artista è proprio quella di saper cogliere
una caratteristica, un aspetto particolare, un punto di vista originale che
rende immortale una scena, un’immagine che ad altri potrebbe sembrare usuale. Una
meraviglia che nessuno ha visto. Il grande fotografo Henry Cartier-Bresson
sosteneva di Osservare lì, dove gli altri sanno solo vedere.
Conosciamo
abbastanza bene le montagne tra Lazio e Abruzzo ma, anche se ci siamo stati
spesso, quando ci ritorniamo riusciamo talvolta a cogliere una sensazione che
in precedenza ci era sfuggita. L’occhio dell’artista ha la capacità di
catturare al volo quell’aspetto saliente che caratterizza un panorama, un
paese, una comunità montana.
Cristina Ternovec, che qualcuno di noi ha già
avuto modo di conoscere, è andata alla ricerca delle testimonianze lasciate da
artisti che hanno viaggiato attraverso l’Appennino centrale tra ‘800 e ‘900: il
frutto del suo lavoro è raccolto in un libro dal titolo Il cielo di cobalto,
le foreste di ametista, fresco di stampa per le Edizioni del Gran Sasso.
È una piccola antologia di scritti e dipinti ad opera di artisti - scrittori,
pittori o musicisti che siano - che hanno profondamente amato le nostre
montagne, restandone a volte soggiogati. Molti di essi sono stranieri,
ammaliati dalla luce e dai colori mediterranei e da una terra che appare
isolata, ben lontana dalle rotte del Grand Tour. Annie MacDonell si muove, sulle
orme di precedenti viaggiatori inglesi, attraverso l’Abruzzo trovandolo una
terra singolare, poco lontana da Roma, ma incalcolabilmente remota. Charles
Moulin, pittore francese di cui abbiamo già parlato, resta stregato dal
versante molisano delle Mainarde fino a restarvi a dipingere per tutta la vita.
Kristian Zahrtmann, torna ogni anno a Civita d’Antino, in Valroveto, dove ha
fondato una scuola di pittori danesi. Insieme ai récit de voyage di
Dumas e le fotografie di Cartier-Bresson, queste sono soltanto alcune delle
storie narrate nel libro. Storie che acquistano valore per la caratura dei loro
autori ma anche perché ci restituiscono le descrizioni di un Appennino tanto
cambiato negli anni.
La lettura mi ha ispirato curiosità e mi ha spinto a
cercare approfondimenti, anche se per ora solo in rete. Grazie alle
riproduzioni di molti quadri seppure in formato ridotto, si prova il desiderio
di vedere gli originali dal vero.
A chi fosse interessato a ripercorrere strade
e sentieri già calcati da questi artisti, il libro propone due appendici: la
prima descrive alcune escursioni per rileggere con occhi diversi itinerari
conosciuti; la seconda propone viaggi in treno sulle lentissime linee abruzzesi
in modo da rivivere i tempi e le percezioni dei viaggiatori del passato.