Le due grandi passioni di Massimo Mila furono la montagna e la musica. Critico musicale e autore di libri largamente apprezzato in Italia e all'estero, fu anche buon alpinista tanto da essere ammesso tra gli accademici del CAI, seppure per meriti culturali, come lui stesso ammise con la sua consueta autoironia.
Se scrisse moltissimo di musica per motivi professionali, scrisse anche molto di montagna. I suoi scritti furono raccolti, nel 1992, in un volume edito da Einaudi e ormai esaurito da lungo tempo. Alla fine dell'anno scorso, nel trentesimo anniversario della scomparsa di Mila, il CAI ha pubblicato I due fili della mia esistenza, volume che raccoglie i suoi scritti dedicati alla montagna. Il libro, che ora è disponibile nella nostra biblioteca, è diviso in due parti. La prima è dedicata alla cultura della montagna: quindi gli scritti raccontano delle motivazioni che ci spingono in montagna, dell'alpinismo come sintesi perfetta tra azione e conoscenza; due capitoli trattano di musica e letteratura di montagna. Non mancano gli scritti che testimoniano l'impegno civile. Mila ancora studente, nel 1929, scontò alcuni giorni di galera per aver sottoscritto una lettera di sostegno a Benedetto Croce, inviso al regime: quei giorni, durante i quali si trovò in compagnia degli intellettuali torinesi che condividevano la sua stessa sorte, sono raccontati con leggerezza e ironia. Con lo stesso stile ricorda la fuga in montagna che seguì l'otto settembre. Ho letto con piacere questi racconti che non conoscevo in quanto non pubblicati sul volume di Einaudi mentre invece ricordavo bene le lettere scritte da Regina Coeli dove scontò, dal 1935 al 1940, una condanna per attività antifascista. In questo capitolo c'è anche il ricordo di Guido Rossa, autentico monumento all'alpinista e sindacalista ucciso dalle BR. La prima parte si conclude con un Mila indignato con il CAI che, ancora nel 1966, non ammetteva le donne tra gli accademici, nonostante avessero tutti i requisiti richiesti.
Nella seconda parte si trovano, invece, i racconti delle ascensioni alpinistiche e sci-alpinistiche: tutte raccontate con autoironia e "antiretorica" benché fossero tutt'altro che irrilevanti. Mila è sempre affascinato dai grandi alpinisti, specie quelli che conosce e frequenta negli ambienti torinesi, con cui condivide alcune salite. L'ultimo capitolo è quindi dedicato ai protagonisti di grandi imprese da cui era stato particolarmente colpito. Il numero di racconti alpinistici è ridotto rispetto all'edizione Einaudi: è una scelta che condivido perché sono stati scelti i migliori ma anche perché si avverte un equilibrio tra la cultura della montagna, oggetto della prima parte, e l'azione della seconda, in modo che nessuna delle due sia prevalente rispetto all'altra.
Se posso trovare un difetto alla scelta operata dai curatori del volume è l'esclusione del bel racconto "Gli emigranti", scritto al ritorno da un'escursione in cui Mila e compagni incontrano e aiutano due sprovveduti provenienti dal mezzogiorno d'Italia che, con scarpe da città e una valigia di cartone, cercano di passare clandestinamente il confine con la Francia. Un racconto che, a settanta anni di distanza, è sempre drammaticamente attuale. Mi auguro che, operando questa scelta, il CAI non abbia dovuto pagar dazio al sentimento anti migranti che oggi prevale nel Paese.