La prossima
serata biblioteca è fissata per venerdì prossimo 4 novembre. Ho raccolto un
suggerimento di Tonino che mi ha proposto di invitare gli studenti
dell’Accademia delle Belle Arti della nostra città. È importante per il CAI
avere un contatto con i giovani ed è importante per i nostri soci conoscere un
progetto di riqualificazione urbana proposto proprio da questi studenti. La
presentazione non prende più di mezzora per cui resta il tempo per parlare di
un libro: nella scelta di questo titolo non ho avuto esitazioni.
La copertina
l’avevo adocchiata in una libreria, questa estate, in attesa di un treno. Paolo
Paci, l’autore, è alpinista e scrittore che si occupa di viaggi e di montagna.
Quindi ho comprato e letto Il respiro delle montagne. L’idea che ispira il
libro è quella di salire dieci cime italiane sulle orme di personaggi del
passato che hanno fatto la storia del nostro Paese. Le montagne sono molto lontane
tra loro, sia geograficamente che come difficoltà che richiedono per
raggiungerne la cima. Allo stesso modo, i personaggi sono tra i più vari: guide
alpine e religiosi, re, militari e briganti, studiosi e partigiani. Si comincia
dalla spiritualità ispirata dal monte Subasio e da San Francesco e si arriva
all’uccisione di Guido Rossa per mano delle Brigate Rosse. I percorsi di salita
si intrecciano con le storie di questi illustri salitori ma anche con i
problemi della montagna di oggi, da quelli ambientali a quelli economici, alla
ricerca di una chiave di lettura del futuro che le attende.
Tutti i
racconti sono affascinanti e rivelano tante piccole curiosità, alcune ben note
ma molte sconosciute perlomeno a me. Non posso negare che mi abbiano coinvolto
maggiormente le due cime che ho salito. Il capitolo sul Gran Sasso rivela
perché la prima salita sia stata ad opera di un “forestiero” e non di un abruzzese.
Il capitano De Marchi è uomo del Rinascimento e incarna un anelito di conoscenza
e di avventura: sale il Corno Grande quando è ormai anziano per il puro desiderio
di arrivare lassù, in un ambiente sconosciuto e pericoloso, due o tre secoli
prima che gli inglesi “inventino” l’alpinismo appunto sulle Alpi. Sepp
Innerkofler, invece, si arruola volontario nel 1915 per difendere l’Impero ma
anche il suo business. È una famosa guida alpina che accompagna i suoi
facoltosi clienti viennesi sulle cime di Lavaredo, lungo itinerari al limite
delle difficoltà dell’epoca; ma soprattutto ha a cuore la sua terra, il suo
paese, la sua Heimat, e la difende dalla minacciata invasione delle truppe
italiane. Non riuscirà nel suo intento e sacrificherà la sua vita nel tentativo
di riconquistare il monte Paterno. Resta il suo diario che è un’affascinante
sceneggiatura nel segno di un avventura estrema e di sprezzo del pericolo.
Il libro è
un saggio che si legge scorrevolmente, attraverso dieci racconti che si possono
leggere anche “a spizzico”. I dieci capitoli però fanno parte di una storia
unica che è la storia del nostro paese, vista dall'alto delle sue montagne; una
storia costituita di episodi dissonanti, che raccontano un’identità imperfetta,
un senso civico ancora da costruire. Il libro si
chiude con le parole che Massimo Mila, figura di spicco della cultura italiana
del Novecento prima ancora che accademico del CAI, dedica alla memoria di Guido
Rossa, anche lui accademico e grande alpinista. È una lezione di convivenza
civile che dopo quasi quarant’anni ci dà un’idea del cammino ancora da
compiere. Anche per questo vale la pena leggere il libro fino in fondo